Una Roma in trasparente (tecnica cinematografica esistita fino all’arrivo del blu screen, che prevedeva lo scorrere di immagini su uno schermo dietro gli attori per riempire l’inquadratura simulando l’ambiente circostante) è quella che Alberto Sordi racconta ne Il Tassinaro, film del 1983 che lo vede protagonista e autore, dipingendo un personale manifesto sociale in cui con l’espediente di conversazioni in taxi, tanti volti e tante personalità della città si confrontano con il bonaccione e ruspante Pietro Marchetti , il tassinaro interpretato da Sordi appunto.
Una ragazza depressa (Alessandra Mussolini) che vuole tentare il suicidio sul lungotevere, turisti americani arroganti, una donna borghese presuntuosa e aggressiva, strane coppie con bizzarre perversioni, e infine anche personaggi come Silvana Pampanini, Federico Fellini e addirittura l’allora Ministro degli affari esteri l’onorevole Giulio Andreotti, che si prestano, per amicizia e stima nei confronti del celebre attore/autore a interpretare loro stessi, ciascuno in pochi minuti di intrattenimento, e riflessione, come nel caso del Ministro che insieme al Marchetti chiacchiera di come i giovani debbano trovare una loro strada, con l’aiuto sì dello Stato e delle Istituzioni, ma anche dei privati. Diaologo che prende il via dopo la scena in cui Pietro carica in taxi un giovane spacciatore, da qui le sue preoccupazioni di padre, che vorrebbe che dopo la laurea faticosamente e alle volte svogliatamente sudata, il figlio Luca (Giorgio Gobbi) venisse introdotto nel mondo del lavoro anche con sussidi statali (ironica l’estrema attualità della tematica), essendo dell’idea dunque che se lo Stato fosse più presente, i giovani intraprenderebbero meno spesso strade perdute.
Il collante però che tiene insieme le scene, è ovviamente il sapore della commedia “sordiana”, fatta di gags e personaggi pittoreschi, esilarante infatti la moglie di Pietro interpretata dalla pacioccona Anna Longhi. Remissiva casalinga che improvvisamente, presa da un moto di orgoglio, tenterà di essere meno ‘buzzicona’ per amore del marito, il quale, dietro la fierezza di essere uomo di mondo, con il privilegio cioè di conoscere tanti tipi di persone grazie al suo taxi, resta sempre in fondo, un tradizionale capofamiglia alle volte anche simpaticamente maschilista.
Ciliegina sulla torta una scena meta cinematografica: grazie alla partecipazione di Federico Fellini che accompagnato da Pietro a Cinecittà, incontra il vero Sordi, che per un momento si sdoppia per interpretare se stesso.