Sull’uso dei medicinali si fanno studi continui, si sa, test che cercano di rispondere alle infinite domande che ci si pone su effetti e collateralità nell’assunzione, in specie regolare e continua, di farmaci.
A volte, è vero, si creano anche ingiustificate paure e, poichè la fiducia del cittadino medio verso i dati ufficiali anche quando questi sono certificati, in altre si diffondono verità anche scomode.
Uno studio pubblicato nei giorni scorsi e condotto da ricercatori presso l’Università di Bordeaux e Inserm, punta il dito sull’uso a lungo termine di sonniferi e alcuni farmaci contro l’ansia che aumenterebbero il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer.
La notizia rischia di avere effetti deflagranti visto che milioni di italiani, e non solo, assumono ansiolitici o sonniferi. Tuttavia è da rimarcare come questi farmaci avrebbero effetti collaterali più decisi soprattutto nelle persone anziane.
Lo studio è stato condotto seriamente: in sei anni, i ricercatori franco-canadesi hanno studiato 1.796 casi di Alzheimer. Hanno confrontato più di 7.000 persone sane della stessa età e sesso. Sono arrivati alla fine della correlazione dei dati a dare il risultato che già abbiamo detto.
Questo studio conferma altri risultati: l’uso per più di tre mesi costanti, di benzodiazepine (che risottolineamo non sono priprio il primo sonnifero consigliato a cuor leggero) è associato ad un aumento del 51% del rapporto di rischio del morbo di Alzheimer. Più il consumo è maggiore e più il rischio è significativo, fino 70 al 80% con l’uso per più di sei mesi.
La Francia è corsa ai ripari e per limitare l’uso di pillole della famiglia delle benzodiazepine, l’Alta Autorità per la Salute (HAS) d’Oltralpe ha raccomandato nel mese di luglio di ridurre il loro rimborso da parte dello stato dal 65% attuale al 15% nel futuro.
Come prima misura non si può dire che non sia d’impatto.