Chiudendo i suoi confini ai rifugiati e accogliendo coloro che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione con filo spinato, soldati e nuove drastiche leggi, l’Ungheria sta mostrando il volto truce della caotica e inefficace risposta dell’Europa alla crescente crisi dei rifugiati.
È quanto ha dichiarato Amnesty International, che ha inviato una squadra di ricercatori al confine tra Serbia e Ungheria, dove soldati, poliziotti anti-sommossa, cani ed elicotteri stanno pattugliando la barriera di filo spinato appena completata.
Sulla base delle nuove leggi entrate in vigore oggi, 15 settembre, i rifugiati che tentano di varcare la frontiera possono essere sanzionati con periodi di carcere da uno a tre anni.
“Per i rifugiati scappati dalle terribili situazioni delle zone di conflitto, essere accolti con tale dispiego intimidatorio di forza militare è scioccante. L’Ungheria si sta comportando in modo irresponsabile di fronte a persone già traumatizzate dalla guerra e dalla violenza” – ha dichiarato Gauri van Gulik, vicedirettrice per l’Europa di Amnesty International.
“Con altre migliaia di persone in viaggio verso l’Ungheria, questo modo di ‘sollevare il ponte levatoio‘ non farà altro che favorire viaggi disperati e pericolosi” – ha aggiunto van Gulik.
I ricercatori di Amnesty International hanno osservato centinaia di rifugiati correre verso un posto di controllo nella vana speranza che fosse ancora aperto e un gruppo di giovani siriani scorrere disperatamente il filo spinato per scoprire se vi fosse un varco attraverso il quale passare.
“Il filo spinato e le leggi draconiane non sono una soluzione. Siamo di fronte a persone che cercano salvezza. L’unica soluzione è che Ungheria e Unione europea inizino a rispettare i loro obblighi internazionali, mostrino solidarietà e assicurino ai richiedenti asilo un ordinato e regolare accesso al territorio e alla procedura d’asilo. E invece, l’Unione europea è paralizzata e l’Ungheria ha preso la direzione sbagliata” – ha sottolineato van Gulik.
Lungo la frontiera con la Serbia, le autorità di Budapest hanno allestito nuove zone di transito dove i rifugiati saranno trattenuti e identificati. Secondo le norme appena entrate in vigore, queste zone non sono considerate territorio ungherese.
La detenzione di migranti e rifugiati dovrebbe sempre essere una misura estrema, ha precisato Amnesty International, che si oppone alla criminalizzazione per motivi d’ingresso o uscita irregolare, una misura di controllo dei confini giudicata sproporzionata. L’ingresso irregolare dovrebbe piuttosto essere un illecito amministrativo.
Inoltre, poiché l’Ungheria ora considera la Serbia un paese terzo di transito “sicuro”, Amnesty International teme che la maggior parte dei rifugiati in stato di detenzione nelle zone di transito si vedranno immediatamente bocciata la domanda d’asilo, in massa e senza esame individuale, e saranno respinti in Serbia.
Le nuove leggi ungheresi prevedono che chi ha avuto la domanda d’asilo bocciata possa presentare ricorso entro tre giorni. Amnesty International valuta questo periodo di tempo estremamente corto, considerata anche la difficoltà di usufruire di assistenza legale nelle zone di transito, che sono luoghi chiusi.
Infine, desta preoccupazione il fatto che le nuove leggi prevedano da uno a cinque anni di carcere per chiunque aiuti migranti e rifugiati ad attraversare la frontiera.