In un incontro, tenutosi ad Avellino, l’ex magistrato non ha risparmiato nessuno: ha accusato il centrodestra di essere un gruppo terroristico per la democrazia criticando la riammissione, in alcuni casi, delle liste Pdl ed il peso politico di Stefano Caldoro
Il suo è il linguaggio della gente comune, comprensibile per tutti gli strati sociali: senza perifrasi né altri giochi retorici; senza supponenza nè presunzione. Antonio Di Pietro, soprattutto quando parla in pubblico, odia il formalismo ed il linguaggio aulico e forbito. L’ha dimostrato anche ieri, ad Avellino, nel corso di un incontro con l’elettorato. L’ex magistrato ha condotto il dibattito e l’ha mantenuto, in tutta la sua durata, pieno di vivacità : un’energia che è affiorata da subito, dall’esordio, con “so’ arrivato a tempo a tempo”. Parla di sé stesso come di un uomo che sta facendo il proprio dovere e per questo motivo non teme nulla: sarebbe opportuno fare nostre queste parole e ricordarcele in tutte quelle occasioni in cui non facciamo il nostro dovere di cittadini per paura o se lo facciamo è per interesse e convenienza. Per Di Pietro, L’Italia dei Valori, pur essendo un piccolo partito, non si mette dietro le spalle di altri partiti più forti, ma fa la sua campagna elettorale e diffonde il suo programma con lo scopo di assumersi le proprie responsabilità nel governo del territorio. Il sessantenne ex giudice di Mani pulite non ha tenuto a freno la verve accusatoria che lo ha sempre caratterizzato: ha parlato di un “attentato alla democrazia” per quanto riguarda la presunta riammissione nel gioco delle elezioni delle liste Pdl rifiutate per problemi tecnici e sbagli. Ad esempio, nel caso di Sant’Anastasia, comune del napoletano, in cui un timbro non impresso ha pregiudicato la presentazione della lista dell’Idv. Si è parlato di una riunione d’urgenza del Consiglio dei Ministri che sarebbe avvenuta ieri sera per emanare un futuro decreto legge finalizzato a mettere un po’ di ordine nel caos delle liste del centrodestra escluse dalle regionali. Ma, per Di Pietro, mettere un timbro significa rispettare le regole e dunque: «violare questo principio di legalità significherebbe creare un precedente enorme. La democrazia si esercita nel rispetto delle regole, non il contrario. Si fa una legge per quello che potrebbe succedere domani, Questi invece si fanno una legge per quello che è successo ieri». E non viene risparmiato ( e come poteva esserlo) nemmeno Stefano Caldoro perché accusato di non aver alcun peso nelle decisioni di partito: il caso della candidatura di Conte all’indomani della presentazione delle liste ne è la prova. «Questo significa», dice Di Pietro con una metafora presa da una tipica novella verghiana, «che sei un due di bastoni in una briscola a coppe!».
L’Ex magistrato parla di un vero e proprio attentato alla democrazia da parte del centrodestra che da quando sta al potere non fa nient’altro che perseguire i propri scopi e favorire gli interessi di una stretta cerchia di popolazione. L’unica forza in grado di fermare quest’attentato per Di Pietro è rappresentata dalla creazione di una nuova classe dirigente fondata sul cambio generazionale. I giovani insomma, il futuro dei Paesi di tutto il Mondo: quelli alle prime esperienze, semplici, senza grilli per la testa, onesti e senza fedina penale macchiata. È uno degli undici punti del suo programma per cambiare l’Italia: un programma che con fervore Di Pietro sta illustrando e facendo conoscere in Campania, sostenendo, con tutto il suo partito e con i suoi cinque candidati (Luciano Ceccacci, Mimmo Sarno, Mirella Giova, Marianna Ciano, Antonio Volpe) De Luca Presidente per la Regione Campania.
Fioravante Conte