Nel cuore della Napoli antica, tra vicoli stretti e panni stesi al sole, la capera non era solo una figura professionale, ma un vero e proprio personaggio del tessuto sociale. Questo termine, profondamente radicato nella tradizione partenopea, indica la parrucchiera a domicilio, ma il suo ruolo andava ben oltre il semplice acconciare i capelli.
Origini del termine
La parola capera deriva probabilmente da una forma popolare del termine “capelli”, e veniva usata per indicare chi si prendeva cura delle chiome femminili. Ma non si trattava di una parrucchiera come la intendiamo oggi: la capera non aveva un salone, si spostava di casa in casa, portando con sé pettini, forcine, oli profumati e, soprattutto, una grande conoscenza delle mode locali.
Una figura tutta al femminile
Le capere erano donne di estrazione umile, ma spesso molto rispettate nel quartiere. Avevano accesso all’intimità delle case, ascoltavano confidenze, raccoglievano notizie e talvolta facevano anche da intermediarie in questioni amorose o matrimoniali. Non era raro che fossero coinvolte in piccoli pettegolezzi o che diventassero “consigliere” di fiducia per le clienti.
Il loro mestiere richiedeva manualità, discrezione e un certo carisma. In un’epoca in cui non esistevano riviste di moda o tutorial online, la capera era anche una fonte di ispirazione e aggiornamento, portando da una casa all’altra le ultime novità su tagli e acconciature.
Capere e cultura popolare
La capera è stata spesso rappresentata nella letteratura, nel teatro e nella musica napoletana, diventando un’icona popolare. Celebre è l’espressione “capera impicciona”, che richiama proprio la sua abitudine di sapere tutto di tutti. Questa reputazione ambivalente — tra il rispetto e la curiosità — ha contribuito a rendere la capera una figura affascinante e tipicamente napoletana.
Nelle commedie di Eduardo Scarpetta e nelle canzoni della tradizione, la capera appare come una figura chiacchierona ma indispensabile, capace di tessere relazioni sociali tanto quanto acconciature.
Dalla tradizione alla modernità
Oggi il termine capera è caduto in disuso, soppiantato dal più generico “parrucchiera”. Tuttavia, il concetto sopravvive nei saloni di quartiere, nei rapporti di fiducia tra cliente e professionista, e soprattutto in quella particolare capacità — tutta napoletana — di unire il lavoro manuale alla dimensione sociale.
In alcuni contesti, il termine è ancora usato con affetto o ironia, per indicare una persona che si intromette o che ama sparlare, mantenendo viva la memoria di una figura che ha saputo lasciare il segno nella cultura popolare.
Più di un mestiere, un simbolo sociale
La capera rappresenta un pezzo importante della storia sociale di Napoli. Era molto più di una parrucchiera: era una confidente, una cronista informale, una mediatrice, capace di influenzare dinamiche familiari e relazionali. Recuperare la memoria di questa figura significa anche riscoprire un modo di vivere fatto di relazioni strette, di oralità e di vicinato. Un patrimonio umano che ancora oggi, in qualche modo, resiste nei quartieri dove la socialità è più forte dei cambiamenti del tempo.
Foto di Christiane Brand da Pixabay