Cosa fa un parent coach è la domanda che si pongono in molti. Scopriamo insieme questa nuova figura professionale
Sei al supermercato e tuo figlio di tre anni ti chiede di comprare delle merendine, tu gli dici di no e lui inizia a urlare, piangere e battere i piedi per terra. Una scena imbarazzante per il genitore che sente su di sé gli sguardi indignati dei passanti. Il dilemma se mollare e acquistare le merendine o tenere il punto è lì che ti aspetta ma qualunque scelta farai la frustrazione per quanto accaduto non ti abbandonerà. Cosa fare? Quello del genitore è il mestiere più duro che esista e non c’è una scuola alla quale imparare. O forse no. Esiste una figura professionale che può aiutare i genitori a diventare più efficaci e, perché no, sereni: il parent coach. Cerchiamo di capire cosa fa un parent coach.
I problemi di relazione sono problemi di comunicazione. Una realtà ormai appurata ma che ciò nonostante non ci mette al riparo da errori. Con i bambini, anche i più piccoli, il discorso non cambia. Sono persone con una propria personalità, propri bisogni, tempistiche con i quali i genitori devono confrontarsi in ogni momento. Con l’aggravante che i cambiamenti sono repentini per cui la soluzione migliore per il giorno prima potrebbe non esserlo più il giorno dopo. Gli impegni lavorativi e la necessità di incastrare i diversi ambiti della propria vita nelle 24 ore di una giornata non sempre danno l’opportunità di sedersi a riflettere. E’ in questo contesto che si inserisce l’opera del parent coach. Media tra le esigenze del bambino e quelle dell’adulto. Aiuta a trovare soluzioni che soddisfino entrambi.
Come ogni percorso di coaching anche in questo caso si procede per obiettivi. I genitori stabiliscono l’obiettivo da raggiungere secondo un’idea di genitorialità che più li rispecchia. Quindi si insegna ai genitori ad aumentare la loro capacità di ascolto, a decodificare il linguaggio del corpo, a migliorare la loro comunicazione con i figli, sviluppando in questo modo la loro intelligenza emotiva. Pur parlando di situazioni con un carico emotivo notevole, il percorso si focalizza sulle situazioni e non sulle loro cause. La parola “perché” non viene quasi mai utilizzata lasciando spazio a un più funzionale “come”. Può capitare che la nascita di un figlio faccia emergere una difficoltà emotiva generata da un evento traumatico del passato. Se la difficoltà si riflette sul rapporto con il figlio è chiaro che il percorso da fare è diverso, di natura prettamente psicologica.
Per diventare parent coach non occorre una laurea in psicologia come per gli psicoterapeuti. Parliamo di azioni (quella dello psicologo e del coach) diverse pur se accomunate dallo scopo di aiutare le persone a vivere meglio. I percorsi formativi dedicati al coaching sono aperti a tutti e quella del coach è una professione, declinata in vari ambiti, dallo sport al lavoro, alla crescita personale, riconosciuta e certificata. Il corredo “tecnico”, per questo tipo di professione, è fondamentale ma ciò che fa la differenza nel coaching sono le cosiddette soft skill: l’empatia, la capacità di ascoltare e di ispirare.
In copertina foto di Denise Husted da Pixabay
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