La giornata del 26 Dicembre 2021 è stata molto dolorosa per il Sudafrica. All’età di 90 anni si è spento Desmond Tutu, l’arcivescovo sudafricano che divenne il simbolo della lotta non violenta contro l’apartheid e successivamente della riconciliazione.
Desmond Tutu e “l’inizio” della lotta non violenta contro l’apartheid
Nato a Klerksdorp (Transvaal), Tutu si trasferì con la famiglia a Johannesburg all’età di 12 anni. I suoi studi lo portano a diventare un insegnante nelle scuole bantu per un lungo periodo di tempo. Tutu lasciò il mondo dell’insegnamento in segno di disprezzo verso l’approvazione del Bantu Education Act che limitava in maniera molto forte le possibilità scolastiche della popolazione bantu.
Tutu non fermò comunque i suoi studi ma spostò la sua attenzione verso la teologia e nel 1960 venne nominato pastore anglicano. Diventò, poi, cappellano dell’Università di Fort Hare. Al tempo, questo ateneo, era uno “spazio” di dissenso e una delle poche università di qualità per gli studenti neri nella parte meridionale del Sudafrica. Tutu lasciò il suo incarico come cappellano e si spostò al King’s College di Londra, dove conseguì il Bachelor e il Master in teologia.
I fatti di Soweto
Desmond, quindi, iniziò un lungo via vai tra il Sudafrica e il Regno Unito che ebbe fine con l’intensificarsi degli scontri di Soweto che ebbero origine nel 1976 quando il governo sudafricano vietò l’uso dell’afrikaans nelle “scuole nere”. La “misura” provocò delle rivolte che divennero poi dei veri e propri scontri. In questa occasione, Tutu si schierò dalla parte dei “rivoltosi” e appoggiando il boicottaggio economico del suo paese. Nel 1978 divenne segretario generale del Consiglio Sudafricano delle Chiese. Grazie a questa nomina fu in grado di portare avanti il suo lavoro contro l’apartheid.
La Commissione per la Verità e la Riconciliazione
Nella delicata transizione che nel 1994 portò Nelson Mandela ad essere eletto presidente del Sudafrica e la conseguente “fine” dell’apartheid, Tutu si rivelò a dir poco fondamentale. Sua fu l’idea della creazione nel 1995 della Commissione per la Verità e la Riconciliazione che in un doloroso e drammatico processo di pacificazione fra le due parti della società sudafricana, mise in luce la verità sulle atrocità commesse durante i decenni di repressione da parte dei bianchi.
Una commissione che aveva lo scopo non solo di superare l’apartheid ma per soprattutto riconciliare realmente vittime e carnefici, oppressori ed oppressi. Il perdono venne “dato” a chi, fra i responsabili di quelle atrocità commesse avesse pienamente confessato: una forma di riparazione morale anche nei confronti dei familiari delle vittime.