Seguire un regime alimentare di tipo mediterraneo può contribuire a diminuire le probabilità di sviluppare l'Alzheimer?
Dieta mediterranea e Alzheimer: quale collegamento?
Seguire un regime alimentare di tipo mediterraneo può contribuire a diminuire le probabilità di sviluppare la demenza, soprattutto nelle persone con una predisposizione genetica elevata all’Alzheimer. Lo evidenzia uno studio condotto da scienziati del Mass General Brigham, della Harvard T.H. Chan School of Public Health e del Broad Institute del MIT e di Harvard, recentemente pubblicato su Nature Medicine.
I risultati mostrano che chi possiede due copie del gene APOE4 – che aumenta fino a 12 volte la possibilità di sviluppare l’Alzheimer – ottiene un vantaggio maggiore dall’adesione alla dieta mediterranea rispetto a chi presenta un rischio genetico più basso. L’analisi ha preso in esame i dati di 4.215 donne del Nurses’ Health Study e di 1.490 uomini coinvolti nell’Health Professionals Follow-Up Study, seguiti per diversi decenni. Attraverso questionari sulle abitudini alimentari e lo studio dei metaboliti nel sangue, i ricercatori hanno osservato che un’alimentazione più vicina al modello mediterraneo era associata a un rischio ridotto di demenza e a un declino cognitivo più lento. L’effetto protettivo è risultato particolarmente evidente nei soggetti geneticamente più vulnerabili, suggerendo che la dieta possa mitigare l’impatto negativo dei geni collegati alla malattia.
La dieta mediterranea rappresenta, ad oggi, l’unico schema nutrizionale con prove causali di benefici cognitivi, grazie a ricerche cliniche randomizzate già condotte in passato. In questo studio, oltre alle abitudini alimentari, sono stati analizzati anche i metaboliti circolanti nel sangue, molecole che riflettono l’elaborazione dei nutrienti e i processi metabolici dell’organismo. Queste informazioni hanno permesso di comprendere meglio il legame tra nutrizione e salute del cervello. I dati ottenuti rafforzano l’idea che strategie nutrizionali mirate possano diventare uno strumento importante per prevenire la demenza, in particolare nei soggetti con elevata predisposizione genetica.
Gli studiosi sottolineano tuttavia che i partecipanti erano in gran parte di origine europea e con un alto livello di istruzione, fattori che limitano la generalizzazione dei risultati. Inoltre, sebbene l’approccio genetico e metabolomico offra nuove possibilità nella previsione del rischio di Alzheimer, queste tecniche non fanno ancora parte della pratica clinica quotidiana.
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