Un’altra protagonista del periodo in cui le donne per commettere un assassinio usavano veleni e arsenico, visse nella Francia del XVII secolo. Si trattò di Marie Madeleine Marguerite d’Aubray, nata a Parigi nel 1630, che nel 1651 sposò il marchese di Brinvilliers, il quale s’innamorò della sua affascinante aria da bambina innocente. La vita dissoluta che conduceva la precedeva, una vita perennemente affamata di sesso e di soldi, ambiziosa e arrivista, perversa e schifiltosa, lussuriosa fino ad essere accusata di ninfomania dalla gran parte delle persone che la conoscevano. Gli uomini cadevano ai suoi piedi ipnotizzati dal suo grande fascino, lo stesso fascino che alla sua morte fu addirittura considerata dal popolo una martire, una santa.
La sua storia “noir”, consumata durante il regno di Luigi XIV, ebbe inizio quando si legò ad un amante libertino e dissoluto per il quale dissipò quasi tutto il suo patrimonio economico. Non abituata a vivere nella miseria, progettò di avvelenare uno ad uno tutti i membri della sua famiglia per ereditare i loro averi e risolvere così i suoi problemi economici. Dal 1664 al 1673 la serial killer fu accusata di aver avvelenato il padre, due fratelli e una sorella. Arrestata, venne condannata a morte tramite decapitazione. Il popolo presente all’esecuzione s’accalcò intorno al patibolo per rubare alcuni resti della marchesa, molto amata e idolatrata dal popolo, che vennero poi venerati come reliquie.
Per realizzare i suoi delitti si fece aiutare da un complice, dal suo giovane amante Jean Baptiste Godin de Sainte-Croix, capitano di cavalleria, esperto di alchimia e di veleni, pratiche apprese durante la sua prigionia alla Bastiglia che era sotto il comando del marito della marchesa, da un italiano, un certo Esili che a Roma, sotto il papato di Innocenzo X, fu accusato di aver ucciso col veleno circa 150 persone. Esili lo indirizza verso un esperto chimico, lo svizzero Christopher Glaser, per approfondire tale pratica. Istruita anche la marchesa nella pratica dei veleni che ha imparato nel negozio di Glaser presso Royal Garden, la donna provò la sua “bravura” su pazienti dell’ospedale, avvelenandone una cinquantina. Ormai il mestiere di avvelenatrice le apparteneva ed era pronta per le sue brame assassine.
Ci prese gusto la marchesa nel dispensare pozioni di arsenico, diventando una specie di benefattrice, come quando avvelenò i genitori di una giovane donna che l’avevano rinchiusa in convento contro la sua volontà. Non tutti i suoi piani andarono a buon fine; dal suo disegno criminale per eliminare la sua famiglia, il marito riuscì a salvarsi grazie all’antidoto che Sainte-Croix gli somministrava, preso dal rimorso e risoluto nel non sposare quella donna assassina. Ma il disgraziato Sainte-Croix, nello stillare i veleni restò soffocato. Durante una perquisizione, le forze dell’ordine trovarono una cassetta appartenente alla d’Aubray, piena di veleni e una lettera di colpevolezza della donna, una confessione del giovane amante spaventato dalle ire della marchesa. Nel frattempo la marchesa si diede alla fuga ma fu ben presto catturata.
Questa vicenda ispirò anche alcuni racconti come L’imbuto di pelle di Arthur Conan Doyle; La Marquise de Brinvilliers di Alexandre Dumas padre (tradotto in italiano con il titolo L’avvelenatrice), racconto storico, pubblicato nel 1841, facente parte della serie “Crimes célèbres”; Intrighi di un veleno di Émile Gaboriau e la trama del romanzo The Burning Court di John Dickson Carr, dove si consuma un omicidio simile a quelli efferati di Marie d’Aubray Brinvilliers.
Anche la poesia attinse da questa vicenda che troviamo in Il laboratorio di Robert Browning del 1846. Non fu da meno la musica: sulla vicenda denominata “L’affare dei veleni” (L’affaire des poisons che portò alla esecuzione 36 imputati) che coinvolse anche il re, il quale per paura di cadere nella “polvere di successione”, fu costretto a servirvirsi di foretaste, servi assaggiatori, furono musicate due commedie, La marquise de Brinvilliers, andata in scena per la prima volta alla “Salle Ventadour” dell’Opéra-Comique di Parigi il 31 ottobre 1831, con musiche di Daniel Auber, Désiré-Alexandre Batton, Henri Montan Berton, Giuseppe Marco Maria Felice Blangini, François-Adrien Boieldieu, Michele Carafa, Luigi Cherubini, Ferdinando Hérold, Ferdinando Paer, e un’altra a Toronto nel settembre 2009, Mimi, scritta da Allen Cole, Melody A. Johnson e Rick Roberts.
Ormai la pratica degli avvelenamenti, detta scherzosamente “polvere di successione”, divenne molto diffusa in Francia, al punto che dopo la morte della marchesa le morti per avvelenamento non cessarono instaurando tra la popolazione la psicosi del veleno. Altri casi di avvelenamento di donne “benefattrici” che vendevano veleni alle mogli che subivano violenze dai propri mariti, furono portati alla luce.
Ritornando alla marchesa, dopo la morte dell’amante, nel 1675 fuggì in Inghilterra, in Germania e in un convento, ma fu arrestata a Liegi. Prima che venisse decapitata e il suo corpo bruciato a Parigi il 16 luglio 1676 come si usava con le streghe (legata ad un palo), sotto la tortura con la cura dell’acqua dei suoi carcerieri, confessò tutti i suoi crimini, consumati per arrivismo economico, e fece i nomi di altre avvelenatrici, come Catherine Deshayes Monvoisin, una levatrice ruffiana, la quale con le sue “prestazioni” potette vivere un’esistenza agiata. Fu arrestata con altri complici e nel tentativo di salvarsi fece i nomi di alcuni aristocratici molto importanti alla corte francese, i quali ricorsero alla sua arte: la contessa di Soissons e sua sorella Marie Anne Mancini, duchessa di Bouillon, François Henri di Montmorency-Bouteville, duca di Lussemburgo, Marie Louise Charlotte, princesse di Tingry, Pierre Bonnard, segretario del duca di Luxembourg e Athénaïs di Montespan, la padrona del re. Ma questa è già un’altra storia.