Ho poco tempo ancora
per raccogliere carte
per passare la mano
per rinascere in altro
Ho poco tempo ancora
per rivedermi intero
prima di frantumarmi
in qualche altrui pensiero
E non so più vedermi
in volto di fanciullo,
e so che ormai nessuno
vuole da me più nulla
Ma è in giro un altro libro
che non ho letto ancora,
poi c’è il telegiornale,
e ho poco tempo ancora…
Questa poesia, per volere dell’amico editore Mario Rovinello, dà il titolo a tutta la silloge che ho pubblicato con La valle del tempo l’anno scorso.
Alla mia età, dopo i 70 anni, si ha, com’è noto, una percezione del tempo diversa da quella dei giovani: i giorni sembrano passare più in fretta, le settimane si rincorrono a un ritmo impressionante. Davvero si ha la sensazione di avere ancora poco tempo a disposizione.
Peraltro, sono convinto che ciascuno di noi continuerà a vivere frammentato nei pensieri e nelle tracce che avrà lasciato di sé agli altri, e che quello che si perderà sarà la nostra consapevole interezza e la nostra corporeità.
Queste considerazioni possono portarci a lasciarci andare, tanto più che nella vita lavorativa e sociale non abbiamo più un ruolo definito e insostituibile, o almeno questa è la visione che si ha in genere del “vecchio”, il quale non ha più il dovere di contribuire con il suo lavoro all’andamento della società (questo il senso che ho voluto dare ai versi “e so che ormai nessuno / vuole da me più nulla”, anche se, fortunatamente, nella mia vita privata e sociale non è così).
E invece, proprio queste considerazioni ci possono portare ad essere più attivi di quanto le nostre rallentate capacità ci consentirebbero.