Un noir rinascimentale
Il fiore di Minerva di Carmine Mari edito da Marlin editore è l’ultimo libro dell’autore. Un thriller storico, un noir rinascimentale, come lo definisce l’autore, che vi terrà letteralmente incollati alle pagine.
Il fiore di Minerva di Carmine Mari è ambientato nel XVI sec. Navi corsare barbaresche infestano il Mediterraneo, una lettera cifrata, una serie di omicidi, un’accusa di tradimento e un corpo ritrovato animano le pagine di un romanzo avvincente. L’autore, attraverso una minuziosa ricostruzione storica ci porta tra intrighi e affari di corte.
Il protagonista del romanzo è Héctor dell’Estremadura, ex conquistador, che è al servizio del principe Ferrante, uno degli uomini più potenti del Viceregno di Napoli. Héctor ha il compito di sorvegliare e proteggere le coste dalle incursioni barbariche a Salerno, ma dopo l’affondamento di un brigantino francese, iniziano una serie di inquietanti vicissitudini che porteranno il protagonista nel cuore di un enigma.
Carmine Mari vive a lavora a Salerno. Già autore di un thriller ambientato nel XIII sec. ai tempi di Federico II, per Marlin ha pubblicato il romanzo Hotel d’Angleterre (2021), una fortunata spy story a sfondo storico, alla sua seconda edizione e vincitore del Premio Giallo al Centro 2021.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore con cui abbiamo parlato delle sue passioni e ci siamo fatti svelare qualche dettaglio in più sul suo ultimo romanzo.
Il fiore di Minerva di Carmine Mari
Ci racconta qualcosa di lei come scrittore? Quando ha iniziato a scrivere e come si è avvicinato al genere storico?
I primi passi nella letteratura risalgono al 2006, ero grande di età, ma un accanito lettore. Da piccolo ho iniziato coi fumetti che trovavo ogni domenica a casa dei miei cugini. Poi le avventure di Tex e infine i libri; Stevenson, Defoe, Verne, Dumas, le cui opere erano considerate erroneamente letteratura per ragazzi. Per me, leggere la Freccia Nera o l’Isola del Tesoro era scoprire un mondo nuovo, personaggi, ambienti e salti nel passato.
I romanzi storici, certi romanzi storici, rappresentano una vera time machine, e la loro lettura è un viaggio incredibile. e così ho iniziato a coltivare il sogno di un viaggio tutto mio, nel medioevo. Il Regolo Imperfetto, Intrighi e alchimie alla scuola medica salernitana è stato il mio esordio narrativo, una storia ambientata nel XIII sec., tra medici, alchimisti, grandi personaggi come Federico II e la piccola storia di Rogerius, giovane studente di medicina, fuori dagli schemi, intrappolato da vendette, intrighi politici e magister ambiziosi, persi dietro al segreto di Characha

Il Fiore di Minerva è un romanzo dalle tinte noir. Ha degli autori preferiti a cui si ispira quando inizia a scrivere una storia?
Il mio amato Eric Ambler e poi Philip Kerr, Jeffrey Archer, Patrick O’ Brian, Perez Reverte, Winston Graham (la lista è lunga) e perché no, Simenon di tanto in tanto per spezzare. La stesura di un romanzo è il frutto di letture, esperienze sedimentate nel tempo, riflessioni e ricordi emozionali, che occorre legare alla storia che si intende narrare, con occhio critico e animo fiducioso. La fase della ricerca poi, rappresenta un momento importante e i saggi storici, e persino quelli filosofici, sono di grande aiuto nei momenti di impasse, quando il racconto o il personaggio stesso non ne vuole sapere di muoversi.
Nel libro lei fa riferimento alla tragedia degli ebrei cacciati dalla Spagna. Cosa l’ha spinta a indagare su questo argomento? C’è stato un evento, una lettura che le ha stimolato la fantasia e la voglia di approfondire il tema?
Il pregiudizio è il male di ogni società e va combattuto sempre, con la verità. Riguardo agli ebrei, c’è da dire che la comunità ebraica di Salerno, aveva radici lontanissime. Già intorno al XI sec. contava circa 600 famiglie tra le più popolose d’Italia. Le comunità ebraiche fin dal medioevo erano presenti in quasi tutte le realtà urbane, sfruttate quando occorreva, denigrate e offese dal pregiudizio quando l’odio si riaccendeva.
Gli Abravanel di Spagna, per esempio, giunsero a Napoli costretti all’esilio dall’editto di Granada del 1492; pagarono una montagna di ducati per la loro permanenza nel viceregno, servirono il vicerè Don Pedro Alvarez da Toledo, essendo esperti di bilanci, finanziarono attività ed aprirono un banco proprio a Salerno, ma alla fine subirono la stessa triste sorte degli altri ebrei, espulsi dall’Europa.
Ci può parlare brevemente della sua precedente pubblicazione? Anche questo romanzo è un thriller storico?
Hotel d’Angleterre è un romanzo storico ambientato nel 1911, ma con il taglio della spy story. Racconto di un giovane meridionale, Edoardo Scannapieco, aspirante giornalista,costretto a sbarcare il lunario facendo il concierge in un alberghetto, l’Hotel d’Angleterre. Viene coinvolto in una vicenda fatta di ospiti ambigui, belle donne con abiti fruscianti e cappellini piumati e la sparizione di una busta contenente documenti riservati del Ministero della Guerra a cui danno la caccia ufficiali e spie al soldo di potenze coloniali straniere. È un romanzo con un registro ironico, raccontato in prima persona dal protagonista, un giovane disincantato e un po’ disilluso, ma che non si tira indietro di fronte alle scelte che la Grande Storia pone spesso ai singoli individui.
Che cosa può dire ai nostri lettori per invogliarli a scegliere il suo romanzo tra le tante pubblicazioni in commercio? Cos’ha la sua storia che le altre non hanno?
Risposta difficile, dovrei averli letti tutti. Diciamo che dalle prime pagine sembrerebbe un romanzo in stile cappa e spada, con Héctor dell’Estremadura quale principale personaggio alle prese con un affare di Stato. Ma c’è un filo invisibile che lega la vicenda con una sotto trama, quella che poi darà il senso al romanzo intero; un noir rinascimentale, un piccolo acquerello storico fatto di figure femminili che diventeranno invece le vere protagoniste: Isabella Villamarina, moglie abile del principe Ferrante Sanseverino e Costanza Calenda, affascinante erborista nella tradizione della Scuola medica salernitana.