Giornalismo, inchieste e indagini sono concetti molto contigui ed importanti; la combinazione fra loro è cosa molto complessa e, soprattutto, molto difficile da realizzare al meglio. Siamo stati la Patria di tanti giornalisti che dell’inchiesta hanno fatto ragione di vita, ma anche di morte in realtà a pensarci bene.
Il quid che ha fatto scattare la scintilla, nei giorni scorsi, è stata la vicenda che coinvolge Matteo Renzi e la Fondazione Open rispetto alla quale non ci sentiamo di proporre nemmeno un’opinione visto che per nostra ignoranza non conosciamo nulla della situazione in se.
Conosciamo solo procedure ed atti pubblici, o meglio, pubblicati finora da alcune testate. Quelle stesse notizie oggetto di altrettanti servizi di quel giornalismo d’inchiesta odierno di cui sopra che hanno provocato lo scontro con Report sopra tutti.
Il diritto sacrosanto all’informazione
Non staremo qui a citare i soliti articoli della Costituzione repubblicana dal 21 in poi, ma non solo, che sanciscono il diritto all’informazione come inalienabile diritto fondamentale per gli italiani perché ci sembra inutile e pleonastico e nemmeno ci sembra giusto dover richiamare qualcosa che dovrebbe essere più che tacitamente acquisito nel nostro Paese.
Eppure c’è un ma, un ‘ma’ grosso come una casa che salvaguardando questo diritto dei giornalisti e dei cittadini pone un interrogativo. Un interrogativo quasi retorico, ormai, perché la domanda è già essa stessa risposta dimostrata dai fatti storici. La domanda, semplicissima, è: in Italia si è verificato un cortocircuito fra giustizia ed informazione che va ancora avanti?
Come abbiamo detto or ora la nostra risposta è sì. Giustizia e giornalismo si sono piaciuti e toccati più e più volte in maniera scandalosa. L’una ha usato l’altro e l’altro ha provato piacere a farsi usare. Inchieste giornalistiche ed inchieste giudiziarie troppo spesso sono concatenate ma non in un nesso di causa effetto ma in un perverso abbraccio letale.
Inchieste ed indagini
Che una legittima inchiesta giornalistica possa far scaturire una relativa inchiesta giudiziaria perché la bravura di chi la fa mette in rilievo mancanze, magagne o peggio intrallazzi è quanto tutti noi che facciamo in maniera più o meno roboante questo mestiere abbiamo sempre sognato. Il giornalismo alla Robin Hood o Qujiote è il sogno adolescenziale di ogni giornalista; ma qui si è realizzato ben altro.
Il capovolgimento di un giornalismo d’inchiesta che si pone quale partner di alcuni organi della giustizia con un uso molto liberticida e poco deontologico delle notizie non è più un paradosso ma la triste realtà. Vedere avvisi di garanzia o ‘veline’ pubblicate pari pari contenenti anche atti o notizie che dovrebbero essere sotto segreto d’indagine è la prassi che lega tanti magistrati a tanti giornalisti, redazioni e giornali interi.
Sbatti il mostro in prima pagina e poi sbattitene dell’evoluzione della situazione, sviluppi che magari poi portano poi ad un’assoluzione della persona la cui divulgazione finirà nelle brevi a pagina 15 è anch’esso costume inveterato ormai.
Credibilità
Questo giornalismo è ancora credibile? Questo modus adottato addirittura da testate e format TV come linea editoriale è credibile? Davvero è uno scandalo che nascano contrapposizioni così aspre dove poi un indagato per difendersi con gli stessi mezzi adottati contro di lui in maniera becera (almeno altrettanto becera) si scaglia contro i magistrati che lo indagano ?
In giurisprudenza è riconosciuto universalmente che “Il giudice non solo deve decidere imparzialmente, ma deve essere anche soggettivamente in una condizione di imparzialità che, oltre a caratterizzare l’atto giurisdizionale, sia anche una condizione soggettiva del giudice“.
Per i giornalisti, poi, le norme deontologiche sono così piene e precise che farne un estratto non farebbe giustizia a nessuno e quindi invitiamo tutti a leggere il Testo unico dei doveri del giornalista per averne contezza totale. Non è l’unica carta deontologica che molto spesso si dimentica ed è emblematico.
Tutele
Quando s’insorge per difendere il diritto all’informazione sarebbe anche il caso che si vagliasse bene la realtà. Tanto giornalismo d’inchiesta oggi, purtroppo, altro non è che il contraltare del lavoro della magistratura. Si realizza la distorsione di non cercare più la verità ma di proporre una tesi precostituita e cercare elementi a supporto di quella tesi.
L’esortazione del Presidente Mattarella nel discorso della sua rielezione non la releghiamo al solo plauso momentaneo come sempre. L’esigenza di riforma della giustizia, ma anche dell’informazione, è un elemento improcrastinabile perché è il sistema Paese che sta venendo meno in questo doppio pilastro fondamentale.
Meno ottuse partigianerie e difese corporative e più oggettività non farebbe male. Bisognerebbe sempre avere presente che l’oggetto di indagini e inchieste sono persone cui si può bruciare l’esistenza con un semplice e banale errore. Quanto vale la vita di una persona o di una famiglia possiampo chiedercelo ancora?