A cavallo tra gli anni 80 e i 90 scoppiò in tutto il mondo il boom delle avventure grafiche. Maniac Mansion, Space Quest, King’s Quest, Zak McKraken, Monkey Island, Sam & Max Hit the Road, Loom, Day of the tentacle, Gabriel Knight, Simon the Sorcerer, Myst, The Dig e Grim Fandango sono solo alcuni dei titoli più apprezzati dai videogiocatori appassionati di enigmi, “punta e clicca” e titoli basati specialmente sulla fantasia e sull’intelletto dei videogamers. I regni indiscussi delle avventure grafiche furono, senza alcun dubbio, LucasArts e Sierra: era il periodo di Roger Wilco, del temibile pirata Guybrush Threepwood e del pirata-non morto LeChuck, di Simon il maghetto, di Larry Laffer, del Dottor Fred Edison e del suo Tentacolo Viola, di Robert Cath, Ben dei Polecat e della famiglia reale del regno di Daventry. I primi anni furono i più “complessi”: non si poteva cercare la soluzione del gioco sul web semplicemente perché non esisteva Internet. Il secondo periodo fu quello della riconferma: la Revolution Software lanciò Broken Sword nel ’96, successivamente il punta e clicca puro fu sostituito (vennero inseriti comandi da tastiera) ma continuarono a uscire nuovi capitoli di vecchie saghe (“Gabriel Knight” e “Monkey Island” tra tutti). Poi la crisi: agli inizi del 2000 poche avventure (la Lucasarts considerò Grim Fandango un fallimento perché vendette meno di 100mila copie in 5 anni e cancellò i progetti futuri), la crisi dei colossi (la riorganizzazione della Sierra e la chiusura della Lucas) e tante delusioni per i videogiocatori appassionati. Qualche perla d’eccezione come “Black Mirror”, “Syberia” e “Runaway” ma nulla di “mainstream”. In questi ultimi sei/sette anni sembra ci sia una piccola rinascita: la Telltale Games, vera e propria speranza dei videogamers, ha acquisito i diritti di alcune serie storiche (“Tales of Monkey Island” e “Sam e Max”) e ne ha create di nuove (“Back to the Future”, “Jurassic Park” e “The Walking Dead”), e altri titoli come “Machinarium” (della Amanita Design). Anche alcune nuove special edition di vecchi videogames hanno riportato sulle scene il genere “adventure”.
Questo novembre i padri delle vecchie avventure grafiche hanno voluto dare una notizia che ha sconvolto positivamente gli amanti dei punta- e-clicca: Ron Gilbert e Gary Winnick, creatori di “Maniac Mansion” e “Monkey Island”, hanno iniziato la creazione di una nuova avventura grafica, “Thimbleweed Park”. Il gioco sarà ispirato ai vecchi classici e sarà, a detta dei creatori, «un vero successore spirituale» di titoli come “The Secret of Monkey Island”. I due hanno lanciato una campagna su Kickstarter, sperando di raggiungere 375mila dollari per poter completare un’avventura vecchio stile. Thimbleweed Park «è profonda, impegnativa, divertente, tutto ciò che avete amato delle avventure grafiche». Sulla pagina per la raccolta c’è una scritta che, crediamo, convincerà molti fan: «E’ come aprire un cassetto di una vecchia polverosa scrivania e trovare un’avventura sconosciuta della LucasArts a cui non avete mai giocato prima».
L’avventura grafica è un genere videoludico che ha sempre avuto presa in Italia. Nel 2005 è nato il portale web italiano AdventuresPlanet.it, punto di riferimento editoriale per i videogiocatori dei “punta e clicca”: recensioni, anteprime, speciali, soluzioni, trailer, demo, podcast, un forum e altre sezioni utilissime per i video-avventurieri. L’anno successivo il gruppo di redattori e ideatori di quel portale già gettonato tra i giocatori ha fondato la Adventure’s Planet Srl, società con sede a Pescara attiva nel publishing e distribuzione, sviluppo, digital delivery, e-commerce (con AdventureGameShop.com, dove gli appassonati videogiocatori possono acquistare gli i giochi di avventura che desiderano) e attività editoriale. Tra i rami della compagnia videoludica è attiva, dal 2009, la Adventure Productions, etichetta di publishing e distribuzione (che ha distribuito titoli come Broken Sword, Black Mirror e Dracula), su prodotti di genere avventura, casual game, gdr, simulatore e strategico.
Dal 2012, la Adventure’s Planet ha pubblicato i primi due episodi (“Avarizia” e “Ira”) di una avventura “fatta in casa”, “Shadows on the Vatican”, sviluppata dal team interno con la collaborazione di 10th Art Studio. L’avventura è ispirata a “In God’s Name” di David Yallop e vede la partecipazione di Peppino Mazzotta (“Il Commissario Montalbano”, Distretto di Polizia”, “Paolo Borsellino”, “Noi credevamo”, “Anime nere”) come voce del protagonista.
Noi di Cinquecolonne abbiamo posto qualche domanda a Carlo De Rensis, Business Manager della realtà editoriale e commerciale Adventure’s Planet.
– L’avventura grafica, a cavallo tra gli anni 80 e 90, era un genere molto in voga tra i videogiocatori: come si può spiegare questa “crisi” del genere con l’avvento del 2000? Mancanza di appeal sulle nuove generazioni?
Di certo a fine anni ’90, con l’avvento del 3D, l’industria videoludica si è spostata verso generi diversi, primi tra tutti i platform e l’action-adventure (con “Tomb Raider” come esponente chiave della trasformazione). Di conseguenza la classica avventura grafica 2D rimase indietro sia dal punto di vista delle meccaniche di gameplay che dal punto di vista tecnico, per cui ci fu effettivamente un periodo di crisi. Già dalla metà degli anni ‘2000, però, il genere è riemerso sia dal punto qualitativo che quantitativo; ovviamente non si è tornati all’età dell’oro dei primi anni ’90 ma la produzione è ormai stabile e solida, soprattutto a livello europeo.
Di certo a fine anni ’90, con l’avvento del 3D, l’industria videoludica si è spostata verso generi diversi, primi tra tutti i platform e l’action-adventure (con “Tomb Raider” come esponente chiave della trasformazione). Di conseguenza la classica avventura grafica 2D rimase indietro sia dal punto di vista delle meccaniche di gameplay che dal punto di vista tecnico, per cui ci fu effettivamente un periodo di crisi. Già dalla metà degli anni ‘2000, però, il genere è riemerso sia dal punto qualitativo che quantitativo; ovviamente non si è tornati all’età dell’oro dei primi anni ’90 ma la produzione è ormai stabile e solida, soprattutto a livello europeo.
– Le avventure, attualmente, hanno mercato? C’è stata una ripresa negli ultimissimi anni?
Certo che hanno mercato, altrimenti non saremmo qui. Soprattutto con la diffusione del crowdfunding, dell’indie gaming e delle piattaforme di distribuzione digitale, le avventure stanno vivendo davvero una seconda giovinezza, anche a livello commerciale. Basti pensare alle proposte di Telltale Games (“The Walking Dead”, “Game of Thrones”) o di Daedalic Entertainment (“Deponia”, “The Whispered World”, “Night of the Rabbit”) – ma anche a esperimenti arditi come “Paper: Please”, “To The Moon” o “Stanley Parable”, tutti titoli baciati da grosso successo di critica e pubblico.
Certo che hanno mercato, altrimenti non saremmo qui. Soprattutto con la diffusione del crowdfunding, dell’indie gaming e delle piattaforme di distribuzione digitale, le avventure stanno vivendo davvero una seconda giovinezza, anche a livello commerciale. Basti pensare alle proposte di Telltale Games (“The Walking Dead”, “Game of Thrones”) o di Daedalic Entertainment (“Deponia”, “The Whispered World”, “Night of the Rabbit”) – ma anche a esperimenti arditi come “Paper: Please”, “To The Moon” o “Stanley Parable”, tutti titoli baciati da grosso successo di critica e pubblico.
– Che successo ha avuto il vostro primo adventure game, “Shadows on the Vatican”, in collaborazione con 10th Art Studio?
Beh, direi che non ci possiamo proprio lamentare. Sia sul nostro store digitale (http://www.zodiac-store.com) dove è uscito in esclusiva temporale, sia poi su Steam, i risultati di vendita sono stati più che buoni. Inoltre, anche l’edizione scatolata – uscita col nostro marchio Adventure Productions in Italia (http://www.adventureproductions.it) e praticamente in tutto il resto d’Europa tramite i nostri partner commerciali – ha avuto una diffusione superiore alle nostre aspettative.
Beh, direi che non ci possiamo proprio lamentare. Sia sul nostro store digitale (http://www.zodiac-store.com) dove è uscito in esclusiva temporale, sia poi su Steam, i risultati di vendita sono stati più che buoni. Inoltre, anche l’edizione scatolata – uscita col nostro marchio Adventure Productions in Italia (http://www.adventureproductions.it) e praticamente in tutto il resto d’Europa tramite i nostri partner commerciali – ha avuto una diffusione superiore alle nostre aspettative.
– Da amante del genere e da lavoratore nel settore cosa ha significato, per lei, la chiusura di una società storica come la Lucasarts?
Profonda tristezza, ovviamente, però bisogna anche guardare in faccia la realtà: ormai da un decennio, la Lucasarts aveva perso tutti i ‘talenti’ che avevano creato quello straordinario agglomerato di geni che hanno segnato le infanzie della nostra generazione; oramai i vari Larry Ahern, Tim Schafer, Ron Gilbert, Bill Tiller e Dave Grossman erano già comunque tornati a sfornare giochi di grande qualità con le loro nuove software house. Ora, se Disney si decidesse a sfruttare le licenze che ha in portfolio, magari affidandole a qualcuno di questi vecchi marpioni…
Profonda tristezza, ovviamente, però bisogna anche guardare in faccia la realtà: ormai da un decennio, la Lucasarts aveva perso tutti i ‘talenti’ che avevano creato quello straordinario agglomerato di geni che hanno segnato le infanzie della nostra generazione; oramai i vari Larry Ahern, Tim Schafer, Ron Gilbert, Bill Tiller e Dave Grossman erano già comunque tornati a sfornare giochi di grande qualità con le loro nuove software house. Ora, se Disney si decidesse a sfruttare le licenze che ha in portfolio, magari affidandole a qualcuno di questi vecchi marpioni…
– Dopo gli ultimi due atti di “Shadows”, avete in mente di produrre un nuovo gioco “fatto in casa”?
Assolutamente sì. L’esperienza fatta con il nostro primo prodotto interamente realizzato in-house ci ha dato un’idea più chiara di cosa aspettarci da un processo produttivo del genere. Ora siamo molto più “sul pezzo” e abbiamo tanti spunti per realizzare prodotti ancora più intriganti e più importanti dal punto di vista tecnico. Inoltre, come publisher, stiamo per annunciare alcune nuove avventure che commercializzeremo in esclusiva mondiale sia sugli store digitali che nei negozi.
Assolutamente sì. L’esperienza fatta con il nostro primo prodotto interamente realizzato in-house ci ha dato un’idea più chiara di cosa aspettarci da un processo produttivo del genere. Ora siamo molto più “sul pezzo” e abbiamo tanti spunti per realizzare prodotti ancora più intriganti e più importanti dal punto di vista tecnico. Inoltre, come publisher, stiamo per annunciare alcune nuove avventure che commercializzeremo in esclusiva mondiale sia sugli store digitali che nei negozi.
– Cosa ne pensa del boom dei corsi di laurea per formazione di creatori di videogames? La Statale di Milano, lo IUDAV, la Vigamus Academy, la Digital Bros hanno ideato corsi di studio per chi vuole fare il programmatore o il designer: tutto ciò non può aiutare l’industria videoludica italiana ad emergere? Qual è la “ricetta” per migliorare il settore?
Penso che siano una buona cosa a sviluppare la industry, sicuramente, anche se probabilmente non si è ancora trovata la quadratura del cerchio; i corsi sono ancora troppo “generici” – mi si passi il paragone ardito ma assomigliano a dei corsi “per fare un film”, senza distinzione tra regia, fotografia, post-produzione, recitazione e i mille altri ruoli necessari – e formano figure che sanno fare un po’ di tutto ma niente in termini di eccellenza. Inoltre, purtroppo, in Italia manca lo sbocco sul mercato perché non ci sono tantissime aziende pronte a investire nel gaming – con conseguente trasferimento all’estero dei migliori studenti. Quindi, a mio avviso, si dovrebbe provare a realizzare qualcosa di più strutturale e magari concentrarsi sulla preparazione di figure più specifiche.L’impresa non è facile, l’enigma è arduo e non facile da risolv…Attento dietro di te, una scimmia a tre teste! (cit.)
Penso che siano una buona cosa a sviluppare la industry, sicuramente, anche se probabilmente non si è ancora trovata la quadratura del cerchio; i corsi sono ancora troppo “generici” – mi si passi il paragone ardito ma assomigliano a dei corsi “per fare un film”, senza distinzione tra regia, fotografia, post-produzione, recitazione e i mille altri ruoli necessari – e formano figure che sanno fare un po’ di tutto ma niente in termini di eccellenza. Inoltre, purtroppo, in Italia manca lo sbocco sul mercato perché non ci sono tantissime aziende pronte a investire nel gaming – con conseguente trasferimento all’estero dei migliori studenti. Quindi, a mio avviso, si dovrebbe provare a realizzare qualcosa di più strutturale e magari concentrarsi sulla preparazione di figure più specifiche.L’impresa non è facile, l’enigma è arduo e non facile da risolv…Attento dietro di te, una scimmia a tre teste! (cit.)