Il rover Curiosity della NASA ha rilevato indizi significativi dell'esistenza del ciclo del carbonio su Marte
Il rover Curiosity scopre tracce del ciclo del carbonio su Marte
Il rover Curiosity della NASA ha rilevato indizi significativi dell’esistenza del ciclo del carbonio su Marte. I risultati di questa scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Science e provengono da uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Calgary, in Canada, guidato da Ben Tutolo. Gli scienziati hanno analizzato i dati raccolti in tre siti di perforazione all’interno del cratere Gale.
Nel corso dell’analisi, i ricercatori hanno identificato la presenza di siderite, un minerale carbonatico contenente ferro, all’interno di strati di roccia ricchi di solfati. “Il ritrovamento di depositi consistenti di carbonio nel cratere Gale, in particolare nella regione del Monte Sharp – spiega Tutolo – rappresenta un punto di svolta importante nella nostra comprensione dell’evoluzione geologica e atmosferica del pianeta rosso.”
La presenza di sali altamente solubili in queste formazioni rocciose – e in depositi simili sparsi su gran parte della superficie marziana – è stata interpretata come prova di una transizione climatica: da un’epoca calda e umida a una fase più fredda e arida. Già da tempo si ipotizzava che i carbonati si fossero formati sotto l’antica atmosfera marziana, densa di CO₂, ma mancavano conferme dirette fino a oggi.
Dal suo arrivo su Marte nel 2012, Curiosity ha percorso oltre 34 chilometri. La scoperta dei carbonati rafforza l’idea che in passato l’atmosfera marziana contenesse sufficiente anidride carbonica da permettere la presenza di acqua liquida in superficie. Col passare del tempo, con l’assottigliarsi dell’atmosfera, la CO₂ si sarebbe mineralizzata trasformandosi in roccia. I ricercatori sottolineano che le prossime missioni avranno l’obiettivo di confermare e approfondire questi risultati.
“Questa scoperta – conclude Tutolo – suggerisce che Marte, in passato, poteva rientrare nei parametri dell’abitabilità prima di subire profondi mutamenti. Uno dei prossimi obiettivi sarà quantificare la quantità di CO₂ sequestrata attraverso la formazione della siderite. Le nostre ricerche offrono nuove chiavi di lettura su come i minerali salini si formino su Marte e su come potremmo replicare questi processi sulla Terra. Inoltre, ci ricordano quanto sia delicato l’equilibrio dell’abitabilità e ci invitano a riflettere sull’unicità della Terra, ospitale da almeno quattro miliardi di anni.”
Foto di Bruno Albino da Pixabay
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