Alcune di queste sono la poesia ginnica (il gesto integrato con la parola), la poesia fonica e le mimo-declamazioni, di taglio ironico e cabarettistico, inventando le “verbotetture” e i “cromofonemi” (il segno tipografico nelle sue varie versioni) che porta sulle scene di gran parte del mondo. Aiutandosi col l’idromegafono, una specie di lungo imbuto, costruito con la collaborazione di Piero Fogliati, che riempiva d’acqua per ricavare suoni “idrici” particolari gorgogliati da intense soffiature, nel 1968 pubblica anche il suo primo disco: Poesia liquida, in Il liquimofono, congegno generatore di musica liquida e di poesia liquida, inflessioni tuffate nell’idromegafono (Studio di Informazione Estetica, Torino, Vanni Scheiwiller, Milano, 1968).
La poesia di Lora Totino sin dalle prime prove (inizio anni ’60) si è sempre rivolta al superamento della stagnazione letteraria del periodo troppo impegnata sul versante politico ed ermetico. Occorreva una rivista sperimentale che si opponesse alla stagnazione di cui prima. Ed ecco che Lora Totino si mette subito all’opera dando vita nel 1961 ad «Antipiugiù», una rivista d’avanguardia letteraria, avvalendosi, grazie ad Alfredo De Palchi, della collaborazione di redattori esteri: Franz Mon, Chris Bezzel, Karl Heinz Roth e Segio Hediger. «La rivista – si legge sulla copertina del n. 4 (novembre 1996) ‒ non consiste in un numero chiuso di collaborazioni ma si forma per mezzo di continui incontri di testi, la sua apertura verso l’esterno è la condizione stessa della sua esistenza».
Anche la produzione verbovisuale e di scritture figurate (alla maniera dei carmi del Cinquecento) è di grande importanza e molto vasta, passando da una dimensione all’altra, da qui il titolo della mostra Fluenti traslati. Insomma, Lora Totino è stato un “tritaparole” che ci ha regalato opere di grande spessore.