La forza di un sogno di Giuseppina Chianese edito da Chiocciola Edizioni è un debutto emozionante che esplora le sfide della vita familiare
La forza di un sogno di Giuseppina Chianese edito da Chiocciola Edizioni è un debutto emozionante che esplora le sfide della vita familiare. Il libro è una storia coinvolgente che affronta un tema molto attuale, lagenitorialità e l’odissea di una coppia che desidera un figlio. Il romanzo esplora il viaggio di una coppia che si ritrova nel turbinio delle visite mediche e delle preoccupazioni che accompagnano il lungo percorso verso la genitorialità.
Particolarmente interessante è il punto di vista che l’autrice ha scelto per narrare le vicende di una coppia di neosposi. Giuseppina Chianese, infatti, ha scelto di raccontare la storia dal punto di vista dell’uomo, una prospettiva originale che permette di entrare in profondità nelle emozioni e nei dubbi del protagonista.
Salve piacere di conoscervi! Mi chiamo Chianese Giuseppina, ho 34 anni sono laureata in sociologia, mi occupo di politiche attive del lavoro e vivo a Volla, in provincia di Napoli. Attualmente sono incinta e tra pochi giorni verrà al mondo la mia prima figlia. Di me posso dirvi di essere molto determinata e obiettiva, ma anche una gran sognatrice che sa come proteggersi dalle illusioni. Mi piace più ascoltare gli altri che parlare di me e sempre per gli altri riesco ad avere uno spirito ottimista che non sempre adopero con la me che ama immergersi in sfide alle volte insuperabili. Ma amo stare a reinventarmi ogni giorno che passa. Mi piace restare esterrefatta di fronte alle cose più banali e semplici, affidando loro quell’originalità che in molti non vedono perché accecati dall’ovvietà. Tra le mie passioni oltre alla lettura e la scrittura, per cui spesso vorrei avere più tempo da dedicargli, amo viaggiare, scoprire cose nuove che possano assecondare la mia sete di conoscenza.
L’ispirazione si è basata proprio sulla mia storia personale, in modo particolare quella vissuta da me e mio marito. Quando ci siamo resi conto che vi erano dei problemi che impedivano il naturale corso delle cose nel raggiungimento di una gravidanza, ho sentito l’esigenza di dover mettere tutto nero su bianco. Parlane con gli altri non mi aiutava, nessuno mi avrebbe capita meglio di un foglio bianco. Lì ho dato voce a me stessa. Ne è derivato un dialogo con la me che aveva bisogno di ascoltarsi, perché solo rileggendomi riuscivo a mettere ordine alle mie idee.
Inizialmente avevo scritto i primi capitoli dal mio punto di vista, come ho già detto, era un mio sfogo personale. Poi quando ho iniziato a constatare che altre autrici avevano affrontato l’argomento dal punto di vista femminile, eclissandone la figura maschile ho voluto ribaltare la visione. Questo perché credo che in casi come quelli descritti nel mio libro porre luce solo sulla donna sia una scelta egoistica, in quanto l’uomo, seppure in modo differente, vive le stesse paure e difficoltà. Spesso mio marito mi ha incitata a renderlo partecipe e di non escluderlo da quanto io stessi provando, aiutandomi a capire che non ero da sola. Mi resi conto che così facendo avrei aiutato tante altre coppie che come stavano facendo l’errore di far orbitare tutto solo intorno alla donna.
La scrittura nasce come una passione che coltivo sin da bambina, non ricordo cosa di preciso mi abbia spinta a siglare con il foglio bianco il patto di eterna amicizia che ha poi suggellato questo legame che non riscontro nelle relazioni interpersonali. Scrivere mi aiuta a ritrovare me stessa. Ci si potrebbe pensare ad un atteggiamento codardo: preferisci scrivere perché non c’è nessuno che ti risponde e quindi eviti il confronto. Ma credetemi non è così per me. Perché io nel rileggermi ricevo tutte le risposte che cercavo.
Ovviamente sì. Il mio messaggio è rivolto a tutte quelle coppie che come me e mio marito si trovano ad affrontare le stesse difficoltà di giungere al dono della genitorialità.
Spingo a non arrendersi di fronte agli ostacoli e di correre sempre verso anche la più invisibile luce che si intravede in fondo al tunnel. Non assicuro che al termine della corsa ci si trovi di fronte al taglio del nastro, ma sostengo che correre restando mano nella mano è forse la vera maratona che vale la pena fare.
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