La Juventus indagata per le plusvalenze! La notizia non ci ha messo davvero molto ad invadere prime pagine dei giornali stampati, dei siti web, delle trasmissioni televisive e dei Tg. Certo di per se la cosa è potenzialmente da scossone al mondo del pallone; resta però sempre da approfondire cosa ci sia davvero in questa inchiesta, da dove nasce e cosa porta con se.
Il concetto di plusvalenza non è così pacifico e, soprattutto, cambia rispetto al contesto in cui viene usato. Se, in linea generale la definizione di scuola è che: in economia, la plusvalenza è un aumento di valore entro un determinato periodo di tempo di beni immobili e di valori mobiliari.
Nello specifico del calcio la plusvalenza assume altro rilievo e, da pratica una tantum, diviene la connotazione stessa del mercato pallonaro. Ogni sessione di mercato si sente sempre più parlare diffusamente di plusvalenze e del fatto che un po’ tutte le squadre ambiscono a farne quanto più possibile perché significa poter aver un florido bilancio.
Juventus indagata, ma cosa sono le plusvalenze?
La plusvalenza non è altro che il guadagno effettivo sul cartellino di un giocatore
Va da se che la plusvalenza in quanto tale non è una roba da demonizzare, se non nell’ambito di una critica strutturata al sistema economico che la produce e la usa. In soldoni, fare ‘guadagno’ in una compravendita non ha nulla di scandaloso, infatti quello che viene imputato alla società torinese non è la plusvalenza in se ma l’utilizzo delle stesse fatte finora.
“E’ stato utilizzato fraudolentemente il meccanismo delle plusvalenze per coprire i buchi di bilancio”
Juventus indagata per le plusvalenze: le imputazioni
I magistrati di Torino, cioè, imputano le plusvalenze non in quanto tali ma il meccanismo attraverso cui un tal calciatore comprato magari a 1 euro (esempio semplificativo) viene poi rivenduto a 1.000.000 quando il suo riconosciuto valore reale di mercato non supera 200.000. Qui non si tratta più di saper far fruttare gli affari ma truccare le carte.
Il vero problema ancora più importante è che, eventualmente venissero accertate tutte le responsabilità imputate agli indagati, questa società è quotata in borsa. E’ lampante che anche una semplice prassi – come qualcuno ha voluto sottolineare all’uscita della notizia – diventa una cosa molto seria perché si arriva ad azioni di turbativa dei mercati.
Il calcio doveva trasformarsi nella più fantasmagorica impresa dell’entertainment. Il pallone, invece, rischia di sgonfiarsi ad ogni giro di campo perché lo sport – ma anche lo spettacolo – è stato soffocato dal business ad ogni costo. Questo settore industriale è ora in un’enorme bolla che rischia di causare una catastrofe economica, sociale e sportiva al suo scoppio.
La bolla
Il Sole 24 Ore – Gianni Dragoni
La bolla costituita dalle plusvalenze del calciomercato è aumentata da 749 a 777 milioni di euro per l’intero calcio professionistico (serie A, B e C) nella stagione sportiva chiusa al 30 giugno 2018...
La bolla stessa è costituita in gran parte dalla serie A, nella quale le plusvalenze sono aumentate da 693,4 a 713,1 milioni (pari al 91,8% del totale).
Le tifoserie si sono scatenate, come al solito, e divise in fazioni contrapposte fra innocentisti e colpevolisti ma a noi, in verità, non interessa schierarci con nessuna delle due. Sgombriamo subito il campo da equivoci: non siamo tifosi bianconeri, neppure ci sta troppo simpatica la vecchia signora ma qui siamo in ambito giudiziario e i tifosi devono rimanerne fuori.
Chi vivrà vedrà
Già l’inveterata pratica di far filtrare notizie, o lasciar scappare notizie se preferite, dagli ambienti giudiziari non depone a favore di una visione oggettiva della situazione perché in realtà tante cose sono dette non conoscendo affatto le carte dell’inchiesta che – a rigor di logica e legge – dovrebbero essere ancora più che segrete.
Non sappiamo come andrà a finire questa brutta storia, non sappiamo che contorni e contenuti avrà, non sappiamo dove ci porterà e dove porterà il calcio italiano. Ricordiamo solo che la responsabilità penale è sempre personale e, quindi, dire che gli altri “facevano o fanno così” non esime dal fatto che quel “fare così” sia una fattispecie di reato.