«Gualtieri, stanotte rubi le chiavi dell’auto di tuo padre e andiamo a far pratica per domani.» Emma aveva superato il quiz grazie ai provvidenziali suggerimenti del suo ex compagno, sfigato quatrocchi innamorato di lei fin dalle medie. “𝑂 𝑓𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑛𝑎” ridacchiò Emma tra sè, mentre sorseggiava la coca che si era imposta di offrirgli per ringraziarlo.
«Co… cosa?» «Gualtié, non balbettare che mi snervi. Ti aspetto nel vicolo alle due precise.» «Tu sei pazza, mio padre mi scuoia e ci fa tappetini per la Simca.» «La che?» «La Simca, l’auto di mio padre, è vintage.»
«Questa?» L’auto più brutta del mondo riempì lo schermo del cellulare. «Esatto, ma grigioverde.»
«Cristosanto. Magari ha pure l’Arbre Magique…»
«…al pino, come lo sai?» Emma mise a fuoco il ragazzo per la prima volta in vita sua. Se si toglievano i capelli anni ‘80, gli occhiali spessi e i vestiti terrificanti, non era malissimo.
«Senti, Emma…»
«Alle due, puntuale.» tagliò corto la ragazza, prese il giubbino rosa e se ne andò sculettando. Un rumore nel buio la fece sobbalzare, seguito dal cofano grigioverde dalle forme squadrate e anacronistiche.
«La Simca, che figata!» «Mi prendi in giro?» «È così orrenda che è quasi bella. Dai Gualty, spostati.»
«Sei fuori, non posso fartela guidare!» «Dai, un giretto e poi ti rimando a casetta a fare le ninne.» Il seno della ragazza invase il finestrino e i pensieri di Francesco Gualtieri, spazzando via 18 anni di impacciata prudenza.
«Al diavolo!»
Francesco scavalcò il cambio e si fece un rapido segno della croce. Emma impugnò il volante spargendo profumo e pericoli nell’abitacolo e ingranò la prima. L’auto si spense con un singhiozzo disperato. Francesco inghiottì il terrore, immaginando il padre in pigiama e lupara. «Rilascia la frizione, piano, mentre accell…»
«Lo so! Sei tu che mi deconcentri!»
La Simca partì con una brusca accelerazione e imboccò l’entrata del parco giochi appena inaugurato dal Sindaco. Sfrecciò, sbandando, tra altalene e scivoli. In pochi minuti divelse lampioni, arò recinti di sabbia e pratini immacolati, sfondò pannelli informativi, ribaltò giostrine e decapitò i tulipani, orgoglio del parroco la cui chiesa confinava con il parchetto.
Finì la sua folle corsa nel mezzo del campo di calcetto, dove Emma tirò il freno a mano sul ghiaietto, rischiando di capottare l’auto. Le mani di Francesco, aggrappate al maniglione soprafinestrino lato passeggero erano livide, aveva perso gli occhiali e i capelli arruffati e impolverati erano ritti sul capo.
«Ma lo sai che sei quasi carino, così?» disse Emma, ronfando come una gatta.
Quando la polvere iniziò a depositarsi, la luce dell’unico lampione superstite rivelò tre figure minacciose in avvicinamento.
«Oddio Francesco, chi sono questi?»
«Metti in moto, via via!»
L’auto ruggì, sobbalzò e si spense. I tre uomini erano ormai a pochi passi da loro. «Francesco, disgraziato, la mia Simca! Ripagherai i danni lavorando in miniera!»
«I miei tulipani, brucerete all’inferno!»
«Signorina Rossetti! Non le darò mai la patente!»
«Emma, sappi che ti ho sempre amata.»
Guaì il ragazzo prima di consegnarsi al suo destino.
«Avrei voluto poter dire lo stesso, sarebbe stato un modo più romantico per finire le nostre vite.»
Gli sportelli si aprirono nello stesso momento, scese un tacco a spillo fuxia a destra e una clark a sinistra. Uno specchietto laterale, esausto, si lasciò cadere nella polvere, mentre, il signor Gualtieri, don Ippolito e il gestore dell’autoscuola bramavano vendetta, illuminati dai fari giallognoli della vecchia auto.
Foto di copertina generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine