Ormai è risaputo che lo sport in Italia fu usato nel ventennio fascista come propaganda politica che fece scuola nel resto del mondo. Infatti in quel periodo triste e tragico per gli italiani, furono fondate molte organizzazioni che dello sport fecero la loro bandiera, come l’Opera Nazionale Balilla (ONB) o i Giovani Universitari Fascisti (GUF). La nascita della FIN (Federazione Italiana Nuoto) nel 1930, fu voluta espressamente dal partito fascista, per un ruolo di fondamentale importanza propagandistica.
Per rafforzare l’importanza dello sport come cultura sportiva, nel 1932 fu inaugurato il “Foro Mussolini”, un attrezzatissimo complesso sportivo alla base di Monte Mario, a Roma, oggi noto come Foro Italico e sede dell’Università del Foro Italico e del CONI.
Tazio Nuvolari che nasce a Castel d’Ario (MN) nel 1892, oltre ad essere un campione di automobilismo, stringe amicizia con alcuni gerarchi fascisti per garantirsi lauti ingaggi che gli permettono di frequentare ambienti raffinati e negozi di grido, ma non ama le adunate e le celebrazioni del regime. Prima di essere un asso dell’automobilismo (vince la Mille Miglia), aveva avuto una carriera come motociclista, iniziata nel 1920, a 27 anni. La sua prima gara fu un disastro: al Circuito Internazionale Motoristico a Cremona fu costretto al ritiro. Gli pseudonimi e i nomignoli si susseguono e prendono colore in base alle sue imprese sportive: “mantovano volante”, “Nivola”. Nonostante arriva primo ad una Mille Miglia con il manubrio in mano, Nuvolari era molto accorto e metodico in pista, contrariamente quando scendeva dall’auto, spendendo il suo tempo tra partite di poker e feste a base di champagne.
Primo Carnera (campione mondiale dei pesi massimi di pugilato 1933-34, dopo aver battuto per k.o. il pugile statunitense Jack Sharkey), il pugile diabetico più forte del mondo, fu lo sportivo che più di tutti si sentiva fascista, e al partito di Mussolini dedicò la vittoria, affermando: «Offro questa vittoria al mondo sportivo italiano, giubilante e orgoglioso di aver mantenuto la promessa fatta al Duce». I giornali dell’epoca riportarono che alla prima difesa del titolo a Roma, in Piazza di Siena, nel 1933, alla presenza dello stesso duce e dei più importanti gerarchi, Carnera si presentò sul ring in camicia nera, dichiarando che avrebbe donato i proventi dell’incontro alla Patria. «Lo sport è per il regime un progetto ambizioso, innovativo, di ampio respiro, una macchina da guerra organizzata per produrre risultati, studiata e invidiata in tutto il mondo. Nascono impianti sportivi, la medicina sportiva, l’Istituto superiore di educazione fisica, ma anche la serie A, la Mille Miglia, la radiocronaca sportiva, la prima scuola di volo acrobatico, madre delle Frecce Tricolori» (Massimo M. Veronese, Gli atleti di Mussolini che unirono l’Italia, in «Il Giornale.it», 15.1.2017).
Lo sport doveva incarnare mascolinità e modernità, dando l’impressione che fosse tutto a vantaggio degli uomini. Invece, meravigliando tutti, si diede molto risalto anche allo sport femminile. Il primo evento agonistico di atletica leggera femminile fu organizzato in Italia, e nel 1923 fu fondata la Federazione Italiana di Atletica Femminile (FIAF). «Ma numerosi furono ancora i pregiudizi: si credette ad esempio che l’attività sportiva avrebbe reso le donne dei “maschiacci”. E non solo. Si credette persino che lo Sport avrebbe potuto influire negativamente sulle capacità della donna di procreare, come se lo Sport potesse essere responsabile del verificarsi di malformazioni degli organi genitali. Così persino Pierre De Coubertin, il restauratore delle moderne Olimpiadi, sosteneva che le donne dovessero unicamente incoronare gli uomini nel corso dei giochi Olimpici, allo stesso modo delle vestali dell’antichità classica» (Nino Montemurro – Riccardo Castiglione, Lo sport femminile nel fascismo, in «http://spazioinwind.libero.it/»). Altro che valorizzazione della donna!