A Mamiano di Traversetolo (Parma) dal 14 marzo al 12 giugno 2020, grazie alla “Fondazione Magnani-Rocca”, nella Villa dei Capolavori si è organizzata una mostra, Luigi Magnani l’ultimo romantico. Il signore della Villa dei Capolavori, curata da Stefano Roffi e Mauro Carrera (per ora chiusa al pubblico per le disposizioni governative anti-coronavirus fino a data da destinarsi), con la quale, sempre a cura di Roffi e Carrera, è stato pubblicato l’omonimo volume-catalogo per Silvana Editoriale (2020, pp. 200), in vendita nelle edicole di Parma e provincia in esclusiva per i lettori della «Gazzetta di Parma».
Ma chi era Luigi Magnani? Era – ci dice Giancarlo Forestieri Presidente di Fondazione Magnani-Rocca, all’inizio del catalogo – «una figura singolare, per molti versi eccezionale, nella cultura italiana; un uomo che concepiva l’impegno culturale come valore assoluto, sottratto a ogni forma di utilizzo, se non quello di nutrire, educare, arricchire di per sé la mente e l’animo. […] In lui ha sempre prevalso il gusto poetico della “Bellezza ideale”, il respiro critico ampio che abbraccia la sintesi e la colloca, con maestria colta, nel divenire della storia, a determinare lo spirito del tempo a cui fa riferimento: con questo approccio elaborò monografie e scritti di arte e di musicologia dettati da una preparazione non inferiore alla curiosità inesauribile».
Anche Mauro Carrera ci descrive l’amico che conobbe una quindicina d’anni fa a seguito di una visita alla sua splendida dimora che “si erge placida di nobiltà padana e guarda in faccia al parco, compiaciuta”, un po’ più dal punto di vista umano: «Spendendo la sua intera esistenza nello studio e nella ricerca estetica, Magnani pare incarnare il modello redivivo dell’intellettuale rinascimentale, versato in tutte le arti e di ognuna appassionato; oggi lo definirebbero riduttivamente “multimediale”, ponendo l’accento sulla pluralità dei mezzi espressivi e non sull’unità del sapere e della bellezza, che invece ha ispirato il suo percorso esistenziale. A ogni buon conto, quantunque i suoi primi studi concernessero la storia dell’arte (Correggio, Begarelli, Sogari, Tiarini, Morandi) e, più avanti negli anni, si fosse occupato di alcuni dei giganti della letteratura mondiale (Omero, Michelangelo, Shakespeare, Goethe, Stendhal, Mallarmé, Proust, Mann), l’approccio nei confronti di qualunque opera è sempre stato per Luigi Magnani dettato da un’inclinazione evidentemente musicale, ché tale era quella del suo animo» (p. 30).
Critico musicale, musicologo e scrittore, Magnani era nato a Reggio Emilia nel 1906 e morto a Mamiano (PR) nel 1984; la sua passione per l’arte lo fece diventare uno dei massimi collezionisti di opere d’arte al mondo. Diceva di sé: «A differenza dei collezionisti, non frequento gli antiquari, non vado alle aste, non visito le mostre. Ho, sì, un mio museo immaginario formato dalle opere più amate e ammirate nel tempo, e di altre che per qualche fatalità hanno preso corpo e sostanza reale presso di me,senza tuttavia che io faccia tra le une e le altre grande differenza. Esse sono per me tutte oggetto di uguale amore e degne della più devota contemplazione; abitano la mia mente come la mia casa e se per caso alcune di quest’ultime non risultavano degne di quella collocazione ideale, salivano in solaio mentre altre che passavano sul mio cielo si posavano silenziosamente su quei vuoti come angeli».
Il volume, oltre a scritti di Roffi (L’impresa romantica di un mecenate al servizio della Bellezza) e di Carrera (Cercando Luigi Magnani. Ritratto dell’ultimo romantico), ospita saggi e testi di Luigi Magnani (Goethe, Beethoven e il demonico); Mariolina Bertini (Come in uno specchio: Luigi Magnani lettore di Stendhal e di Proust); Giovanna Bonasegale (Roma nella formazione di Luigi Magnani); Fabrizio Clerici (Trovarsi con Gino Magnani); Gian Paolo Minardi (Luigi Magnani e la musica); Alberto Savinio (Concerto privato); Vittorio Sgarbi (Goya e i due Luigi. Il Goya di Luigi Magnani).
L’arte può essere un mestiere ma è soprattutto una passione, la stessa che accompagnò i passi di questo collezionista d’altri tempi che riuscì a “portare a casa” dipinti, ritratti di grande valore, autoritratti e documenti autografi dei celeberrimi artisti, critici, musicisti, letterati, registi, aristocratici, capitani d’industria frequentati che frequentò nel corso della sua vita (alcuni nomi: Morandi, Brandi, Guttuso). Le opere esposte – in attesa di essere visitate ‒, alcune pubblicate nel catalogo.
Anche i suoi saggi hanno legami con personaggi che l’hanno coinvolto sia a livello di studi sia a livello di empatia: La musica, il tempo, l’eterno nella “Recherche” di Proust (Ricciardi, 1957); I quaderni di conversazione di Beethoven (id., 1962); La musica, il tempo, l’eterno nella “Recherche” di Proust (id., 1967); Beethoven nei suoi quaderni di conversazione (Laterza, 1970); Il nipote di Beethoven (Einaudi, 1972); Goethe, Beethoven e il demonico (id., 1976); L’idea della Chartreuse. Saggi stendhaliani (id., 1980); Il mio Morandi (id., 1982).
«Oltre ai capolavori cercati – si legge nel saggio di Carrera, storico e critico d’arte, antropologo, docente di Estetica – con un’ostinazione che forse non sarebbe spiaciuta al nostro ospite, la mostra presenta al pubblico una selezione di preziosi documenti provenienti dall’archivio della Fondazione, alcuni dei quali mai mostrati al pubblico: dai Livres d’or della villa alle corrispondenze con artisti, letterati e personalità del XX secolo (Morandi, Montale, Burri, de Pisis, Guttuso ecc.); dalle fotografie ai filmati d’epoca (compresi i due unici conosciuti con la presenza di Morandi); dai libri agli spartiti e ai vinili della sua collezione (con preziose dediche degli autori); dalle edizioni di pregio (da Dürer a Bodoni fino a Manzù) fino ai libri scritti dallo stesso Magnani su arte, musica e letteratura» (pp. 26-27).
Magnani ha dedicato quasi tutta la sua vita alla cultura e frequentato i più grandi artisti del suo tempo, collezionato numerose opere, comprate o regalategli dagli amici pittori. «Oltre ai celeberrimi capolavori dal XII al XIX secolo – è Stefano Roffi, che è anche direttore scientifico della Fondazione Magnani Rocca, che ci svela il sofisticato progetto intellettuale nelle scelte artistiche di Luigi Magnani –, la collezione di opere d’arte appartenuta a Luigi Magnani, esposta nella sede della Fondazione da lui voluta, non offre minori sorprese per quanto riguarda il Novecento. Nello scegliere gli artisti contemporanei, Magnani dimostrò un intuito risoluto, che non lo fece dubitare di fronte alle più azzardate novità espressive, e anzi lo stimolò a trovare la continuità della personale storia dell’arte che stava scrivendo alle pareti dei saloni della sua villa, anche in un’epoca che, rispetto al passato, pareva aver rotto molti vincoli di linguaggio e di contenuto. Per essere degne di entrare nella Villa dei Capolavori, le opere dovevano corrispondere alla sua idea dell’arte, e della qualità nell’arte; un’idea alta, aristocratica, che non variava tra pittura, musica e letteratura, gli interessi culturali che Magnani coltivava alla ricerca di correspondances baudelairiane».
Da residenza di famiglia, ora la Villa dei Capolavori, dove Magnani creò la sua Fondazione, è una sontuosa casa-museo, “un museo dell’anima”, aperta al pubblico per la prima volta nell’aprile 1990, assunta a testimone di Parma capitale della cultura 2020 e questo volume, nell’attesa di poter aprire la mostra al pubblico, lo certifica.