L’Unione Europea si è preposta da tempo tra i suoi obiettivi un’efficace educazione ai media, che abbia come primo fondamento una ben strutturata “alfabetizzazione tecnologica” (la capacità di utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione per accedere all’informazione e comunicare in modo efficiente e per esteso un’opera educativa sistematica e finalizzata a tale obiettivo –ndr). Si tratta nello specifico di adottare provvedimenti che incitino i paesi membri e l’industria a promuovere attività che aiutino i cittadini ad usufruire di tutti i mezzi mediatici (televisione, cinema, radio, musica, stampa, Internet e tecnologie di comunicazione digitale), criticamente e consapevolmente.
La media education è «quel particolare ambito delle scienze dell’educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessione e strategie operative in ordine ai media, intesi come risorsa integrale per l’intervento formativo» (P.C.Rivoltella). Viviane Reding, commissario europeo responsabile per la Società dell’Informazione (commissione Barroso 2004-2010) già al tempo promosse significativamente tutta una serie di iniziative volte a sensibilizzare i paesi membri della UE ad impegnarsi in direzione di un’educazione mediatica in vista di una nuova generazione di partecipazione democratica.
Ad oggi però è solo sommaria la sensibilità sulle questioni educative poste dai media, a livello non solo dei contenuti, ma anche della loro stessa struttura, dei meccanismi di funzionamento e degli effetti sociali che producono. Sono rare le attività educative che mettono al centro di un progetto di formazione i media, sono ancora pochi coloro che vi investono e non esistono metodologie strutturate di intervento. In Italia poi non ci sono una tradizione di studi e sperimentazioni scientifiche sui media. Tuttavia, le eccezioni ci sono. Sul territorio nazionale sono dislocate singole realtà che a livello locale si occupano di educazione e media, in maniera competente e sistematica. Vi sono inoltre fondazioni, associazioni, amministrazioni di enti locali che investono su questi temi e finanziano progetti di media education, rivolti a bambini e adolescenti, ma anche a insegnanti e genitori.
Parlare di educazione ai media significa parlare anzitutto di ambiente, tenuto conto che oggi più di ogni altra cosa sono i media a costituire e formare l’ambiente in cui i soggetti in formazione vivono, sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista relazionale e comunicativo. E sono facilmente individuabili gli ambienti educativi significativi rispetto alla crescita armonica di un individuo.
- La famiglia è la prima agenzia educativa deputata all’educazione. I genitori, per quanto in crisi rispetto al ruolo tradizionale, costituiscono dei forti modelli di riferimento per i propri figli.
- La scuola è il secondo ambiente educativo significante, sia per il tempo che occupa nella vita di bambini e ragazzi, sia per le valenze che possiede nei termini di valutazione delle proprie capacità, di confronto con i propri coetanei e di socializzazione. Inoltre gli insegnanti svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione e nell’immagine del sè dell’individuo.
- Il gruppo di appartenenza è il terzo ambiente educativo fondamentale. Esso fa prendere coscienza delle proprie caratteristiche e potenzialità e si pone come alternativa a schemi educativi e relazionali precostituiti, oltre a cercare modi di ampliare il ventaglio delle possibilità.
Il territorio d’azione della media education non si gioca quindi lungo un’unica direzione, ma comporta campi d’applicazione complessi e in perenne mutamento. Il senso della media education verrà inoltre colto laddove riusciremo realmente a focalizzare la centralità dei media: come oggetto, con un riferimento più ampio alla capacità critica, alla responsabilità etica, alla gestione democratica del sistema dei media (educazione ai media); come strumento da utilizzare nei processi di insegnamento/apprendimento (educazione con i media); come fine (educazione per i media).