Quest’anno si è svolta l’Olimpiade estiva di Rio (la 31a dell’era moderna), dove ormai la partecipazione di atleti professionisti non fa più notizia. Eppure, tanti anni fa, all’Olimpiade di Atene del 1896, la prima dell’era moderna, ad un atleta italiano non fu concessa la partecipazione ai giochi: non era “amateur” nella concezione del fondatore delle Olimpiadi moderne, ossia De Cubertin, ma un professionista, solo perché in una gara vinta aveva ricevuto una somma di denaro.
Il Personaggio
Questo sfortunato atleta si chiamava Carlo Airoldi. Era nato a Origgio, in provincia di Varese nel 1869 e morì a Milano, stroncato dal diabete nel 1929, a soli 60 anni. Airoli non accettò mai quella decisione: «Per un giovane che nulla possiede
Fatti storici
Riportiamo qui i fatti fornendoci della notizia riportata dalla «Gazzetta dello Sport» di quel periodo, ora riproposta, a firma di Elio Trifari, nel numero del 4 aprile 2004: «Carlo Airoldi era un lombardo di Voghera, figlio di un fabbro, residente a Origgio nel Varesino: quel 3 aprile 1896 fu convocato dai giudici del comitato organizzatore di Atene, che gli comunicarono d’aver respinto la sua iscrizione ai Giochi in quanto non era «amateur». […] Airoldi rimase di sasso. Gli fu contestato un premio in denaro, 2.000 pesetas, guadagnate
Letteratura, teatro,musica
Una storia dimenticata ma che è tornata alla ribalta grazie all’opera teatrale e musicale 1896 – Pheidippides… corri ancora!, di Luca Belcastro, un’opera in tre atti; e alla pubblicazione del volume di Manuel Sgarella, uno dei rari libri sull’atleta varesino, La leggenda del maratoneta. A piedi da Milano ad Atene per vincere l’Olimpiade (Macchione editore, 2005, pp. 144), storia che, in realtà, si accenna ad ogni inizio Olimpiade, per poi lasciarsi cadere nell’oblio dei ricordi, per chi ricorda! Airoldi, prima di essere un grande atleta da un fisico d’acciaio, era un grande uomo poco conosciuto che non si arrendeva mai e non abbassava mai la testa, una tempra e una “testardaggine” d’altri tempi come certificata dalla sua ferrea
Ingiustizie
Insomma Airoldi fu una delle prime vittime dell’ingiustizia all’interno dello sport, il quale dovrebbe basarsi su sentimenti di sani principi, quali la lealtà, l’accoglienza, l’integrazione, la solidarietà, la passione. Invece al nostro Airoldi tutto questo fu negato per aver intascato un assegno come premio di una vittoria. Ma in realtà perché la Grecia puntava sulla vittoria di un suo atleta e uno come Airoldi, forte e temuto, non avrebbe avuto rivali che gli tenessero testa. Per la cronaca vinse proprio un greco, un tale Luis. Altri tempi, altre ragioni d’esistere: oggi, un atleta se non lo paghi anche con cifre importanti non partecipa neanche a quella manifestazione dove vige il motto decubertiniano “l’importante è partecipare”, ossia l’Olimpiade. Chissà cosa avrebbe detto Pindaro delle Odi olimpiche? Credo sia meglio non disturbarlo!