Con una voce capace di fondere intensità emotiva e raffinatezza tecnica, Rosanna Mennella rappresenta una delle voci emergenti più interessanti del panorama musicale napoletano e italiano. Interprete e cantautrice, classe 1994, ha saputo costruire un percorso che intreccia formazione accademica e sperimentazione artistica, spaziando dal jazz al folk, fino a nuove scritture cantautorali. Dai palchi prestigiosi del Ravello Festival e dell’Institut Français di Napoli alle produzioni originali come il disco Solerzia con il progetto La Giostra, Rosanna porta avanti un viaggio musicale che unisce tradizione e contemporaneità, radici e innovazione.
Chi è Rosanna Mennella?
Rosanna Mennella (classe 1994) è un’interprete e cantautrice napoletana. Dopo gli studi all’Accademia Europea di Musica e al Conservatorio San Pietro a Majella, dove si è laureata con lode in Canto Jazz, ha collaborato con maestri come Marco Sannini e Pietro Condorelli ed è stata voce solista dell’orchestra SPAM, esibendosi in festival e teatri prestigiosi. Nel 2021 ha pubblicato con il progetto La Giostra il disco Solerzia e oggi porta avanti un percorso cantautorale personale, tra jazz, folk e contaminazioni contemporanee.
Il momento dell’intervista
In che modo possiamo conoscere meglio la nostra protagonista di oggi? Semplice, leggendo la chiacchierata che abbiamo fatto proprio con la cantante Rosanna Mennella:
La tua voce è centrale nei tuoi progetti artistici: cosa significa per te “abitare la voce” e come questo concetto ha influenzato la tua musica?
Innanzitutto grazie Mario per questo scambio, ne sono davvero grata.
Io non sono mai stata nient’altro di più definito che la mia voce. Lei è nata insieme a me il 27 ottobre del 1994, è cresciuta con me e non l’ho mai percepita come astratta o come uno strumento esterno a me.
Sia nel mio modo istintivo e viscerale di comunicare fin da bambina, sia nell’ identità che ho sviluppato – poi – da adulta.
Abitare la voce è proprio questo: esattamente come abitiamo i nostri strati di pelle ed il nostro corpo, amo credere che noi tutti abitiamo le nostre voci in modo completamente unico e irrevocabilmente distinto. Pensaci: nessuna voce è uguale all’altra sia nella timbrica, sia nell’intenzione stessa.
Come è nato il tuo legame con la musica e quali sono stati i momenti più significativi della tua carriera fino ad oggi?
Premesso che non riesco a percepirla come “carriera”, perché non è mai stato un percorso staccato da me ma è me, ho iniziato a cantare e sperimentare i suoni del mio corpo insieme a mia madre: lei cucinava ascoltando la radio a cassette di Gianni Morandi, dello Zecchino D’Oro, ed io ero affascinata dalla sua musicalità, la imitavo mentre giocavo con le sue pentole seduta a terra. Cantavo con lei e crescevo con la musica.
La scoperta della mia voce è stata complessa, il percorso di riconoscimento con il tipo di voce che mi rappresentasse è stato lungo ma è stato fondamentale aver avuto il privilegio di formarmi in ambito accademico sia al Conservatorio “San Pietro a Majella”, sia viaggiando moltissimo grazie ai concorsi, i corsi e le Residenze Artistiche. L’ultima residenza artistica mi ha fatto scoprire il cuore di Roma, al Saint Louis College Of Music, insieme ad un musicista straordinario quale Gabriele Mirabassi.
La musica l’ho vissuta e la vivo sempre in condivisione e non potrei essere la voce che sono se non avessi incontrato i colleghi che oggi sono cuore pulsante della mia storia: a questo proposito ringrazio La Giostra, Aldo Capasso, Marcello Massa, Mario Manzoni che oggi è Luce e chiunque abbia incrociato il mio cammino.
Nelle tue canzoni si percepisce una forte impronta personale: quali influenze artistiche e culturali ti ispirano maggiormente?
Beh, essendo napoletana ho il fuoco di questa terra tra le mani e la fortuna di essere cresciuta sotto le pendici del Vesuvio tra pomodori del “piennolo” ed i classici napoletani che mio nonno mi cantava nella sua piccola cucina.
Infatti ho iniziato a cantare all’età di quindici anni a teatro proprio i versi della musica ottocentesca napoletana, poi novecentesca finì ad un repertorio più moderno, quasi inconsapevolmente.
Dopodiché non mi è bastata e ho scelto di studiare canto leggero e di tentare l’ammissione in Canto Jazz. Ero scettica poiché non avevo mai sperimentato il Jazz, venendo da un contesto rurale. Eppure mi ha salvata e mi ha permesso di scoprire che la musica è universale e appartiene a tutti indipendentemente dalla sua provenienza.
Negli anni di Conservatorio mi sono avvicinata al Jazz Europeo piuttosto che quello Afroamericano, perché i paesaggi, le tematiche, la necessità di espressione mi era più vicina.
Ho scoperto l’immensa voce di Norma Winstone grazie al pianista John Taylor ed il chitarrista Ralph Towner – di cui ho scritto la tesi di laurea del II livello – e la sua collaborazione con la partenopea Maria Pia De Vito. Il cantautorato mi è arrivato in soccorso in quello stesso periodo, nel 2019/2020, innamorandomi del lavoro prestigioso di Tosca Donati, insieme a Joe Barbieri, a Silvia Perez Crúz, gli Aca Seca Trio: tutte ensemble etniche, piene di vita e fuoco da esprimere, sebbene appartenenti a culture diverse.
Oltre alla musica chi è Rosanna Mennella?
È tante cose, talvolta incoerenti tra loro. C’è una frase che mi ha sempre rappresentata: “Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini” di Whitman che racchiude a pieno l’immensa fortuna umana di poter essere tutto e niente.
Rosanna è una donna che lotta per i diritti di qualsiasi essere umano; è un’animalista; è figlia, sorella, zia; è un’instancabile gattara romantica; è una didatta pretenziosa e umana; ama creare pacchi regali per la gioia di vederli scartare a chi ama; gioisce nel trascorrere ore in viaggio e gustare la cucina etnica di tutto il mondo; è una divoratrice di libri, sono qui in treno durante l’ennesimo viaggio e leggo “Jane Eyre” ed essere una compositrice ed una voce è solo il risultato di tutta questa pienezza.
Quanto la tua terra d’origine ha influito sulla tua sensibilità artistica e sul tuo modo di vivere la bellezza e l’arte?
Come dicevo, sono napoletana ma nata a Torre Del Greco, la città del corallo. Sebbene sia nata lì, ho vissuto relativamente poco la città poiché sono cresciuta in campagna alle pendici del Vesuvio. Questo mi ha regalato l’opportunità di sperimentare il silenzio, le albe annunciate dagli uccelli e le notti in cui si sono presentati alla mia porta sia ricci che volpi.
Si, è stato deciso per la mia musica e per la mia crescita personale, nella cui musica cerco sempre un contatto profondo.
Scrivere, per me, è tornare alle pinete, ai silenzi, ai cieli larghi della mia infanzia. La natura è la mia lingua madre, e ogni parola che scrivo è un modo per tornare a parlarmi. Ogni volta che scrivo, è come se lo ritrovassi: tra le righe, tra i suoni, tra i vuoti. È lì che mi sento intera.
Su quali progetti stai lavorando adesso e che cosa sogni per la tua carriera artistica e professionale nei prossimi anni?
L’ho un po’ annunciato nella risposta precedente: ho finalmente riconosciuto la necessità della scrittura. Nel 2021 ho pubblicato il mio primo brano, “La Ninna Nanna Dei Tulipani” disponibile ovunque, di cui sono autrice del testo per il compositore e arrangiatore Marcello Massa.
In quale modo non mi è bastato occuparmi solo del testo: la terapia è stata mia alleata e ha permesso che scoprissi la mia penna.
Per questo motivo sto scrivendo i miei brani, da circa due anni. Ho sempre scritto racconti e poesie ma la parte difficile è trovarne una cornice armonico-melodica. Negli ultimi due anni ho raccolto la mia feroce necessità di raccontarmi e, adesso, sto lavorando alle pre-produzioni.
Voglio godere a pieno di questo privilegio e sarà un viaggio intenso che vedrà questi lavori presentarsi al mondo nel prossimo anno.






















