Un approccio innovativo basato su cellule T regolatrici potrebbe sopprimere la risposta immunitaria al glutine, aprendo nuove prospettive per il trattamento della celiachia. È quanto emerge da uno studio guidato da Raphael Porret del Centro Ospedaliero Universitario Vaudois, in Svizzera, pubblicato su Science Translational Medicine.
Intolleranza al glutine: un problema che riguarda l’1% della popolazione mondiale
La celiachia colpisce circa l’1% della popolazione globale, spesso con diagnosi tardive e con la dieta senza glutine come unico trattamento disponibile. Questa condizione può causare isolamento sociale e regimi alimentari poco equilibrati e, in alcuni casi, persino il mantenimento di una dieta priva di glutine non elimina del tutto i disturbi intestinali.
La ricerca
Il team di Porret ha esplorato il potenziale della terapia cellulare—già utilizzata nel trattamento del cancro e nei trapianti di organi—per modulare la risposta immunitaria al glutine. In particolare, gli scienziati hanno progettato due tipi di cellule T:
- Cellule T effettrici, che si dirigono verso l’intestino in risposta al glutine e innescano un’infiammazione.
- Cellule T regolatrici, che limitano la proliferazione delle cellule effettrici e attenuano la risposta immunitaria.
L’esperimento sui topi
Per verificare l’efficacia della terapia, i ricercatori hanno infuso le cellule nei topi e monitorato il comportamento del sistema immunitario. Hanno osservato che, in assenza di cellule T regolatrici, l’esposizione orale al glutine portava a una migrazione massiccia delle cellule effettrici nell’intestino. Tuttavia, l’infusione di cellule T regolatrici appositamente progettate ha bloccato questa migrazione e ridotto la proliferazione delle cellule effettrici in risposta al glutine.
Verso un futuro senza dieta senza glutine?
Sebbene i risultati siano stati ottenuti in topi e non in modelli specifici per la celiachia, lo studio fornisce una prova di concetto che le cellule T progettate possono favorire la tolleranza immunitaria. Secondo gli autori, se validata negli esseri umani, questa terapia potrebbe rappresentare un’alternativa alla dieta, migliorando la qualità della vita dei pazienti.