“Cipolla, anfora luminosa,
petalo e petalo
si formò la tua bellezza,
squame di cristallo ti accrebbero
e nel segreto della terra oscura
si arrotondò il tuo ventre di rugiada…”
Pablo Neruda nella sua “Ode alla cipolla” canta la magnificenza del frutto della natura, la sua bellezza e la sua utilità. Allo stesso modo a Napoli se ne esalta l’uso e il gusto. Trasformando il semplice frutto in poesia del gusto e estasi del sapore.
Nasce senza genitori e senza nome certo, la Genovese.
Chi dice fosse figlia di una migrazione di cuochi genovesi, calati sulla città ai tempi dei suoi splendori seicenteschi a cavallo dell’epoca di Caravaggio in città. Chi invece dice che nascesse dalla fantasia di un Monsù di una casa nobile, proveniente da Genève e la cui provenienza storpiata adeguatamente da quel popolo di millenaria cultura benchè illetterato, trasformasse il genevieve in genovese
Di fatto questo piatto di nome e natali ignoti allieta la casa di ogni napoletano e come accade col ragù napoletano, non solo ogni quartiere ha la propria ricetta che vanta come unica e originale, ma in ogni casa si vanta la propria Genovese e a ogni desco ogni commensale vanta la sua variante che costituirebbe la vera e unica ricetta originale.
Insomma, qui si fanno le guerre per una cucchiarella di passato di pomodoro o per la successione degli ingredienti per un ” sartù ” ben riuscito.
Vado quindi a esporvi la mia interpretazione della genovese, garantendovi il risultato, se seguirete le indicazioni.
Due sono gli ingredienti per una buona genovese, cipolle e un pezzo di carne.
La bontà delle materie prime è già il 50% della garanzia di riuscita.
Procuratevi le cipolle che dovranno essere di tre tipi: bianche, ramate e rosse di Tropea.
Il taglio di carne utilizzabile varia dalla “gallinella” alla “colarda” detta anche “scamone o punta di natica” l’importante è che vi assicuriate che la carne sia bene innervata, poichè i nervi cuocendosi slegheranno la carne rendendola morbida e non secca.
Avendo davanti a voi le cipolle in proporzione di una bianche, tre ramate e tre rosse di tropea di dimensioni non minime, prendetele belle grosse.
Apritele in due, dopo averle spellate, si capisce, privatele del germoglio centrale, sia o non sia fiorito. La privazione del germoglio farà si che la salsa non si ripresenti alla digestione e soprattutto lascerà limpido l’alito.
Questo è un piatto da amanti, va mangiato collettivamente così che eventuali risultati vengano sofferti da tutti i commensali e che nessuno se ne lamenti.
Dopo aver privato le cipolle del germoglio, tagliatele a pezzi più o meno grandi, anche sottili vanno bene, io preferisco a pezzettoni.
Deponete le cipolle nella pentola.
Tagliate la carne alle dimensioni che preferite, ma comunque a pezzi non troppo piccoli, sennò finisce il divertimento.
Deponete la carne sulle cipolle. SULLE, NON MISCHIANDOLA ALLE CIPOLLE!
Sulla carne versate una manciata di sale grosso ( servirà a far rilasciare, in cottura, il liquido alla carne e che darà il caratteristico colore marroncino chiaro) e versate una passata di olio extravergine.
Chiudete la pentola e mettetela sul fuoco più piccolo del fornello alla potenza più bassa del bruciatore.
NON AGGIUNGETE ACQUA. NON AGGIUNGETE ACQUA
So bene che alcuni aggiungono sedano carota e anche pomodoro, ma questa è appunto la mia interpretazione e sono responsabile del risultato solo se seguite pedissequamente le mie indicazioni.
Dopo circa un’ora, controllate lo stato della salsa e regolatevi sul seguito. Se conviene restare ancora a fiamma bassa o alzarla un poco, da questo punto potete continuare col coperchio leggermente discosto. Sorvegliate attentamente la salsa che vedrete ridursi e liquefare le cipolle, almeno quelle tagliate più sottili.
Togliete la carne dalla pentola e ponetela in un piatto, lasciate che le cipolle raggiungano una giusta riduzione
Quando il tutto avrà raggiunto quello che a vostro parere sembra una buona riduzione, dedicatevi alla pasta, non lasciando mai la salsa fuori dal fuoco.
Mettete l’acqua a bollire dopo averla salata, si capisce e dedicatevi a spezzare gli ziti o preparare le penne, anche se vanno benissimo anche i paccheri.
Scolate la pasta al dente, qualunque sia il formato che avete scelto e abbiate cura di spadellare la pasta aggiungendo man mano la salsa in modo da ottenere una leggera mantecatura.
Fate le porzioni ai commensali, spruzzate i piatti di parmigiano e poco pepe e buon appetito!
La carne messa da parte potrà essere aggiunta ai piatti singolarmente o se in quantità sufficiente, essere servita come secondo accompagnato da patate in purea o al forno.