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ADDIO PROFESSORE !

Fare commemorazioni per alcuni è una vera e propria arte e molti media ci sguazzano ed hanno sempre il 'coccodrillo in frigo' da utilizzare al.

Fare commemorazioni per alcuni è una vera e propria arte e molti media ci sguazzano ed hanno sempre il ‘coccodrillo in frigo’ da utilizzare al momento opportuno ed immediatamente. Non rientriamo in quella categoria, non amiamo le commemorazioni ed evitiamo accuratamente coccodrilli e consimili da qulasiasi parte. Oggi, però, è un giorno triste. Si è spento Amato Lamberti che molti ricordano per il suo impegno ambientalista, altri perchè presidente della provincia di Napoli, altri perchè professore di sociologia e collega. Noi vogliamo ricordare, e sempre ricorderemo, l’uomo impegnato per trasmettere la cultura della legalità

Da oggi il mondo della cultura, quella vera non quella di facciata, ha un pezzettino di umanità in meno perchè, così come ha vissuto in punta di piedi, se n’è andato il professor Amato Lamberti. Se n’è andato un grande studioso, ma anche un uomo che amava pensare prima di agire, che era visceralmente legato alla terra campana e che aveva fatto della cultura della legalità – a caro prezzo – il suo stile di vita. Chi, come noi, ha iniziato a fare il mestiere giornalistico qualche anno fa a Napoli non poteva non incrociare sul suo cammino il prof. Lamberti che tanti colleghi ha formato e poi, con la sua amicizia, ha alimentato negli anni. Ricordare la mitezza dell’uomo e il modo bonario ma fermo di affrontare ogni questione è quasi un’operazione di ‘retorica’ ma è la pura verità. Quando dagli scranni universitari della Federico II si spostò, temporaneamente prestato lui sì, ai palazzi istituzionali lo fece sempre portando lì la sua personalità e non facendosi sopraffare dal sistema politico e partitico. Era un verde, un ambientalista convinto, ma anche un uomo molto, molto, moderno. Storiche le sue parole : «L’ambientalismo vecchia maniera ha molti meriti ma è ora di andare oltre. L’azione politica dovrà essere dirompente per scardinare il sistema dei partiti» e ancora: «L’Italia si trova in una profonda crisi di credibilità e governabilità. E’ evidente l’incapacità del governo di affrontare i problemi del paese: l’unica via d’uscita da questo pantano è l’ecologia». Non stiamo  a ricordare tutte le battaglie intraprese e portare avanti sulle tematiche legate all’ecologia e alla legalità (che tanto viaggiano insieme), sarebbe superfluo. Non piangiamo solo il docente, il politico, l’esponente culturale ma l’uomo e la sua capacità di essere principio ed umanità allo stesso momento. Ci piace ricordarlo nelle sue lezioni universitarie e in sede di esame, ci piace riprendere uno dei suoi libri più esemplari del suo pensare: “Lazzaroni, Napoli sono anche loro” in cui affermava e analiticamente spiegava che i lazzaroni sono i delinquenti, i disgraziati, i mascalzoni, i farabutti, le canaglie, i furfanti, i manigoldi, i lestofanti, i gaglioffi, i filibustieri; ma, anche, gli usurai, gli scippatori, i rapinatori, i borseggiatori, i contrabbandieri, i taccheggiatori, i falsari, i ladri d`auto, i topi d`appartamento, i “paccottisti”, i tangentisti, i truffatori e, infine, i peggiori di tutti, i camorristi e che per liberare Napoli dai lazzaroni non bastano, anche se sono necessari, poliziotti, carabinieri e magistrati. C`è bisogno di politiche di inclusione, seriamente intese, ben diverse dalle operazioni di assistenza o, peggio, di ammortizzazione sociale, magari a favore dei più violenti e facinorosi. Per trovare soluzioni adeguate, bisogna partire dal dato, irremovibile con artifici dialettici, di una spaccatura e di una separazione profonda nella popolazione napoletana tra chi è dentro e chi è fuori dalla società moderna e civile. Perché il problema di Napoli è quello di portare dentro la modernità tutti coloro che stanno fuori per una sorta di condanna che i responsabili continuano a negare, mentre continuano a comminarla. A lungo staremmo qui a discettare sui suoi insegnamenti ed il suo argomentare, ma non è possibile. Vorremmo che su tutto rimanesse il suo insegnamento e il suo amore per la ricerca della verità dei fatti (che dovrebbe essere la stella polare di chiunque voglia fare informazione) e della realtà che ognuno che l’ha conosciuto non ha potuto non conservare in se.

Gianni Tortoriello

Gianni Tortoriello

Quattro decenni e più di vita dedicati al giornalismo, ma anche alla comunicazione tout-court, passando dalla carta stampata, alla televisione, al web. Una Laurea in Scienze Politiche alla Federico II, qualche anno d'insegnamento e qualche altro da formatore. Unica fede, il Napoli. Poche certezze, tanta passione e una consapevolezza: ciò che paga è solo l'impegno costante nel realizzare i propri progetti e, perché no, i sogni. Il villaggio globale di cristallo dell'informazione e della comunicazione è, purtroppo, divenuto il luogo dove conta solo 'spararla quanto più grossa possibile!' Il sensazionalismo e l'opinionismo hanno soppiantato la notizia. Io vorrei solo continuare a fare quello che mi hanno insegnato: raccontare i fatti.

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