(vignetta a cura di Terraferma Da Sogno)
Ai tempi del coronavirus è il leitmotiv che ritroviamo ad ogni piè sospinto, ormai, su giornali, Tv ed ogni altro mezzo di comunicazione di massa possibile ed immaginabile. Tutto, in questi giorni, è rapportato a quel qualcosa che ha cambiato (si spera temporaneamente) la nostra vita. Quel piccolissimo organismo che sconquassa corpi e società muovendosi trasversalmente e senza favoritismi di sorta per alcuno ci ha destabilizzato ma non ci ha cambiato, purtroppo.
Facciamo i conti con le nostre ataviche paure; dobbiamo fare i conti con i nostri sistemi economici malandati e non e, come al solito, invece di serrare le fila e compattarci per combattere spalla a spalla non facciamo altro che dividerci in fazioni. Novelli guelfi e ghibellini che, da un lato e dall’altro, difendono non già idee diverse ma piccoli e micragnosi interessi di bottega (per modo di dire, ovviamente, trattandosi dell’economia mondiale).
Non ci va mai bene che ci venga imposto qualcosa, nemmeno quando un’emergenza palese lo richiede, amiamo professare la nostra “anarchia” ( che poi è solo puerile insofferenza a veder circoscrivere il nostro particolare piccolo mondo antico) che altro non è se non l’esplicitazione dell’ egoismo più bieco nobilitato all’abbisogna da motivazione fra le più disparate: l’economia, l’orgoglio nazionale, il sovransmo individuale e quello (malinteso) collettivo. Tutto pur di non mettere mai se stessi al servizio della collettività per la convinzione che di quella a noi poi che ce ne cale?
Non vogliamo, qui, parlare di quistioni squisitamente sanitarie o economiche che lasciamo volentieri a scienziati (quelli veri e quelli che sono in prima linea a rischiare la loro vita per il bene della sanità dei cittadini) e ad economisti bravi a leggere e snocciolare cifre e proiezioni.
Quello su cui vogliamo fare una riflessione ha un carattere sociale, la divisione e la frammentazione dell’uno rispetto all’altro nel nostro Paese ma anche a livello europeo e mondiale. Questa pandemia, rispetto alla quale ancora c’è chi si attarda a ricercare il colore della pelle dell’uomo/donna da cui sia promanata in origine come se questo potesse farci sentire meglio in qualche modo, avrebbe dovuto far nascere un idem sentire – magari generato dal semplice istinto di conservazione – e la ricerca di una coalizione elementare per affrontarla in maniera sistemica e globale ed invece abbiamo cominciato a far guerra per bande.
Inutile girarci intorno, oggi si confrontano due grandi teorie: quella che mette in primo piano come preservare la salute pubblica e quella che invece ha scelto di preservare l’economia. Ora, in se, le due esigenze non dovrebbero affatto contrapporsi e combattersi per predominare ma la realtà di questi giorni ci dice che ciò è quello che sta accadendo.
Basta guardare alla Cina, all’Italia, all’Europa, alla Francia, alla Spagna, al Regno Unito agli States. Le prime realtà elencate hanno scelto la prima via che passa attraverso la limitazione anche della libertà personale e la Cina (molto duramente) ha passato la fase acuta apprestandosi ora a riprendersi fra mille cautele. L’Italia l’ha dovuta seguire a ruota e lo sta facendo con provvedimenti incalzanti che trovano solo le critiche di un’opposizione governativa talmente vacua da contraddirsi costantemente da un giorno all’altro mostrando la pochezza del proprio sentite politico e la solo anche malcelata brama di potere fine a se stesso infischiandosene del bene comune. L’Europa come entità, al solito, si distingue come novello Don Abbondio da un lato e come cinico spettatore dall’altro. Francia e Spagna fra mille tentennamenti e dicimila distinguo si sono uniformate all’approccio cinese. Regno Unito e Usa hanno scelto invece di dare predominanza al capitale.
Le scelte inglesi e americane sono più che comprensibili nell’ambito del capitalismo selvaggio che hanno e che abbiamo abbracciato allegramente e che prevede, per sua costituzione, che in epoca di crisi di qualsiasi genere vengano a dover soccombere quelli che si trovano in condizioni più svantaggiate. Selezione darwiniana la definiscono ma in realtà significa, nemmeno tanto velatamente, mors tua vita mea e la supremazia dell’economia sull’uomo stesso.
Molti diranno che l’economia va preservata allo stesso modo delle persone perchè dopo senza un’economia che funzioni non ci sarà più alcun benessere da poter condividere, cosa in teoria molto vera ma lo è anche l’assioma contrario per cui un’economia preservata senza persone non ha molto senso ma la teoria capitalistica si fonda sull’intercambiabilità delle persone/forza lavoro e quindi, una volta effettuata la selezione naturale, le persone che avremo perso saranno considerate solo piccoli danni collaterali.
La nostra posizione è chiara e netta ed abbiamo cercato di esporla apertamente per essere chiaramente individuabili senza giocare a nascondino per qualche click in più o per sete di qualche nuovo banner. Ora, al netto delle ridicole tesi complottiste, la contrapposizione e la scelta è fra queste due opzioni.
Le nazioni la loro scelta l’hanno fatta e voi ?