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Allattamento: le linee guida

Le mamme italiane allattano poco, il ministero ricorre così ai ripari per fornire chiarimenti sulla questione enunciando durata e rischi derivanti dalla pratica.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’allattamento al seno è considerato un’abitudine fondamentale, le mamme italiane, tuttavia, non considerano la cosa altrettanto importante. Si consideri che nei primi giorni 9 bambini su 10 ricevono latte materno, a 4 mesi il numero scende a 3 e a 6 mesi addirittura a uno.

Esaminati i dati, il Ministero ha ben pensato di intervenire con l’elaborazione di un documento le “Linee Guida su Allattamento al seno e uso del latte materno/umano”; 49 pagine che mettono d’accordo tutte le Società Pediatriche e che fissano i punti fondamentali della questione, un documento che permette ai genitori di orientarsi, conoscere rischi e vantaggi del caso.

Nelle linee guida è resa nota la funzione di prevenzione delle patologie assegnata all’allattamento: per ogni anno di allattamento, anche sommato in diverse maternità, la donna riduce del 4% il rischio di cancro al seno e del 24% all’ovaio. Il bambino che non viene allattato al seno materno, inoltre presenta il 25% di probabilità in più di ammalarsi nel primo anno di vita di infezioni alle basse vie respiratorie, il 100% di contrarre otiti, il 64% il diabete di tipo 2, il 35% l’ asma e il 32% di diventare obeso. Queste, sono solo alcune delle principali patologie. Tornando ai vantaggi per le mamme,queste, avranno minori perdite ematiche e una più rapida sistemazione dell’utero rispetto a quelle che allattano meno o non lo fanno per nulla, queste ultime, inoltre, sono più soggette a depressione puerperale. Insomma, più si allatta meglio è.

Risulta d’obbligo, una volta passati in rassegna i numerosi vantaggi, di andare a verificare quali controindicazioni possano derivare dall’allattamento: in primis si rischia la lesione del capezzolo, anche se, in taluni casi, si può ovviare al problema estraendo il proprio latte ed erogandolo successivamente al bambino. Nel caso di influenza o altre malattie presenti nella donna, la decisione di interrompere la prassi spetta alla donna è chiaro, tuttavia, sarebbe consigliabile far abituare gradualmente il bambino.

Il documento redatto dal ministero, inoltre, pone dei punti importanti sulla questione sfatando dei miti popolari, ad esempio, si legge che bere più acqua non contribuisce affatto alla produzione del latte materno, cambiare le abitudini alimentari cercando di recuperare subito la forma fisica può compromettere la buona riuscita dell’allattamento stesso. A una donna che allatta basterebbero anche 500 Kcal giornaliere. Non solo, il documento scredita molti altri miti, quali il fatto che la pratica comporti un calo del visus, secondo le linee guida non andrebbe proibito alle madri con patologie oculari di allattare. Anche un’eventuale nuova gravidanza non comporterebbe rischi per l’allattamento a meno che non si verifichino altre circostanze mediche.

La documentazione ministeriale si pronuncia anche sulla durata: allattare al seno sino ai 6 mesi del piccolo, previene l’obesità del bambino fra i 2 e i 9 anni. Ciò perché a differenza del latte artificiale, quello materno contiene molti ormoni che regolano il metabolismo e il giusto equilibrio fra senso di fame e sazietà. Per quanto concerne l’interferenza dell’allattamento prolungato con la sessualità della coppia il ministero resta sul vago, considera l’interferenza come plausibile tuttavia resta una cosa intima e non di pubblica gestione.
Il documento sfata, inoltre, il mito allergie. Non esiste un momento giusto per introdurre il glutine nell’alimentazione del piccolo e non servirebbe nemmeno evitare cibi che possono generare allergie durante la gravidanza per prevenire l’insorgere di allergie future nel bambino. E’ corretto, tuttavia, pensare che nutrire al seno il piccolo lo mette più al sicuro da altri fastidi allergici come l’asma fra i 5 e i 18 anni, l’eczema dei 2 anni e la rinite allergica prima dei 5 anni.
Un altro punto degno di nota è quello che affronta la questione allattamento dei bambini in terapia intensiva, sono questi ultimi ad avere, infatti, più bisogno del latte materno. Questo perché si ridurrebbe il rischio di patologie molto importanti oltre che migliorare l’evoluzione neurologica, tuttavia, in Italia nelle UTIN si allatta molto poco. Il dato lo rende noto uno studio condotto in 12 UTIN, al momento della dimissione solo il 31% dei neonati dal peso inferiore ad 1,5Kg alla nascita era nutrito con latte materno, dato, che scende se parliamo di bambini che alla nascita raggiungevano i 2,5 kg. Il latte materno oltre a far bene al nascituro assicura alla madre un ruolo fondamentale, le consente di ritenersi indispensabile per l’assistenza del figlio e dunque, secondo le linee guida questo rappresenterebbe un dato da migliorare.
Se scarseggia latte materno si può comunque ricorrere alle banche del latte umano, in Europa si contano circa 165 banche di cui 32 presenti sul suolo italiano. Le donatrici sono circa 1122 e, nel 2011, sono stati raccolti circa 7600 litri di latte; il nostro paese, insieme alla Svezia è al primo posto nella classifica europea per il numero di banche. Certo il latte umano reperito in questo modo è comunque trattato e sottoposto a temperature che ne alterano il valore nutrizionale, tuttavia, secondo il ministero è sempre meglio di quello artificiale.
Per quanto concerne l’inquinamento del latte materno le linee sono chiare, questo viene inficiato soprattutto da diossine e furani delle industrie e inceneritori, ciononostante, l’allattamento al seno risulta sempre preferibile rispetto all’erogazione di latte artificiale poiché il latte materno compenserebbe parzialmente gli effetti negativi dell’esposizione ai bifenili policlorurati e alle diossine. Oltre all’inquinamento ci sono anche cattive abitudini che inficiano la natura del latte materno come l’assunzione di droghe e alcool, queste sostanze rappresentano una delle poche controindicazioni all’allattamento. Anche il fumo, pur non rappresentando un vero divieto nelle linee è sconsigliato poiché espone il bambino a rischi elevatissimi.
Sono rari i rischi per il bambino derivanti da un corretto allattamento, purtuttavia, non è consigliabile allattare nel caso in cui il bambino abbia la galattosemia o la fenilchetonuria o in caso di infezioni della madre come l’HIV.
LACTAMED: per fare più chiarezza sulla questione, infine, c’è lactamed, un sito, nonché un app da scaricare su dispositivi di ultima generazione che permette alle mamme che assumono farmaci di fugare ogni dubbio. Il database, ovviamente, ha una base scientifica ma non può essere sostituito al parere medico e attualmente è disponibile solo in lingua inglese. Funziona in modo molto semplice, basta digitare il nome del farmaco per avere una scheda dettagliata sullo stesso e sulle interazioni in caso di allattamento. L’applicazione indica le fonti scientifiche alla base delle informazioni rese e, in alcuni casi, indica soluzioni alternative. Un team di esperti si occupa di aggiornare il sito mensilmente. Si tratta di uno strumento per i professionisti e gestito da un ente governativo americano, per questo considerato molto affidabile.
Maria Giuseppina Buono

Tutti i dilettanti scrivono volentieri. Perciò alcuni di loro scrivono così bene.(Friedrich Durrenmatt)

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Maria Giuseppina Buono

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