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Caduta Unione Sovietica: le responsabilità di Michail Gorbačëv

La recente scomparsa di Michail Gorbačëv ci impone una riflessione sulla caduta dell'Unione Sovietica e su ciò che la Russia è oggi

La caduta dell’Unione Sovietica fu una responsabilità di Michail Gorbačëv? La domanda non può che scoppiare in tutta la sua schiettezza in un momento come questo. Un momento in cui la Russia, impegnata nella guerra contro la sorella Ucraina, è tornata a essere il nemico degli Usa e dell’Europa. Molto amato all’estero, Gorby (come fu ribattezzato in modo amichevole) non ha avuto la stessa fortuna in patria. Ha peccato di ingenuità, ha coltivato un’utopia, ha distrutto per primo il comunismo o la Russia non è fatta per la democrazia?

Perestroika e Glasnost

Quando, nel 1985, Michail Gorbačëv venne eletto Segretario generale del PCUS, il suo nome era già conosciuto in Europa. Solo un anno prima aveva compiuto due importanti viaggi: a giugno aveva presenziato a Roma ai funerali di Enrico Berlinguer e a dicembre aveva incontrato a Londra il Primo Ministro britannico Margaret Tatcher. Passaggi che testimoniavano già allora la necessità da lui percepita di far uscire il suo Paese dall’epocale isolamento. L’annuncio del nuovo corso, subito dopo la sua elezione, non tardò ad arrivare in nome di quella “uskorenie” (accelerazione) che aveva bisogno di imprimere al cambiamento.

I due pilastri di quella che doveva essere l’Unione Sovietica di fine millennio furono “perestroika” e “glasnost“: ricostruzione e trasparenza. La prima riguardò il sistema economico, la seconda quello politico. Le riforme economiche allentarono il controllo statale a vantaggio dell’economia di mercato. Le aziende poterono godere di una certa autonomia nel costituirsi e nel vendere i loro prodotti. Fu incentivata la creazione di aziende con la collaborazione e i capitali stranieri grazie anche alla riforma del sistema bancario.

Non tardarono ad arrivare anche le riforme politiche. Gorbačëv, che incarnava la corrente riformista creatasi in Unione Sovietica già dagli anni Settanta, promosse un passo davvero audace. Il partito comunista doveva rinunciare al monopolio ideologico e al ruolo di guida del Paese. Così avvenne: Gorbačëv fu eletto presidente dell’Unione Sovietica e nacquero nuovi partiti alcuni favorevoli alle riforme, altri più conservatori. Inoltre, passo ancora più audace, il dibattito politico doveva svolgersi in maniera trasparente e il potere politico doveva poter essere contestato se necessario. Fu allentata la censura e i russi conquistarono la libertà di parola (oltre alla possibilità di viaggiare all’interno dell’Unione e all’estero).

Foto di Anja-#pray for ukraine# #helping hands# stop the war da Pixabay

La caduta dell’Unione Sovietica

Cosa portò Gorbačëv a spingersi così in avanti con riforme epocali? Il suo innato riformismo? La convinzione di star facendo qualcosa di davvero importante per il suo Paese che il suo popolo avrebbe senza meno appoggiato? Fatto sta che i risultati auspicati non arrivarono mai. L’economia non si riprese come sperato e l’allentamento della censura portò allo scoperto il dissenso verso il suo operato. Le riforme varate nell’intento di “democraticizzare” l’Unione Sovietica ebbero, in realtà, l’effetto di un boomerang. La povertà nell’Unione non diminuì così come il malcontento della popolazione; in più il potere aveva nemici che potevano liberamente organizzare l’opposizione. Il resto è storia.

Premio Nobel per la pace

Ciò che va imputato come merito a Michail Gorbačëv è aver messo fine alla Guerra Fredda. Insieme al presidente americano Ronald Reagan, firmò, come si ricorderà, un trattato per l’eliminazione degli armamenti che erano stati il fulcro dell’ostilità tra i due blocchi. Anche qui le cose non sono andate come dovevano. Il coraggio del leader russo non è stato ripagato. Certo il premio Nobel per la pace è stato un giusto riconoscimento ma ciò che è accaduto dopo non è all’altezza di tale coraggio.

I fatti dicono, per esempio, che la Nato (che magari non aveva più motivo di esistere dopo lo scioglimento del patto di Varsavia) ha continuato ad espandersi senza risparmiare l’Est Europa; la caduta del comunismo (considerato il male assoluto dall’Occidente libero) ha portato alla nascita di nuovi e più forti nazionalismi di cui oggi stiamo pagando le conseguenze. In ultimo nel cuore dell’Europa è scoppiata una nuova guerra e a nessuno interessa fermarla. La scommessa sulla pace continuiamo a perderla.

In copertina foto di Oleg Shakurov da Pixabay

Serena Bonvisio

Giornalista pubblicista, ha al suo attivo collaborazioni con diverse testate locali e nazionali, nonché esperienza di radio e ufficio stampa. Il web è come il primo amore... non si scorda mai.

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Serena Bonvisio

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