“Chiamatemi Francesco”, Luchetti racconta Bergoglio

Il 3 dicembre uscirà nelle sale "Chiamatemi Francesco. Il Papa della gente" di Daniele Lucchetti che, promette il regista, non sarà un santino dell'attuale pontefice.

«Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di papa Francesco. Quando si dice per esempio che esce di notte dal Vaticano per andare a dar da mangiare ai barboni in via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione». Speriamo che Daniele Luchetti, regista del film Chiamatemi Francesco. Il Papa della gente (prodotto da Taoduefilm e distribuito da Medusa e ispirato in parte al libro di Evangelina Himitian Francesco il Papa della gente), abbia letto queste parole di papa Bergoglio. Il film sarà nelle sale il 3 dicembre e verrò proiettato in anteprima mondiale il primo dicembre nelle sale del Vaticano.
Gli attori scelti per interpretare Bergoglio sono l’argentino Rodrigo de la Serna, diventato noto al grande pubblico per la sua interpretazione di Alberto Granado, il compagno di viaggio di Che Guevara ne I diari della motocicletta di Walter Salles, e il cileno Sergio Hernandez. «La sfida è andare oltre una figura già quasi santificata, per raccontare l’essere umano e i punti di svolta nella sua vita», ha dichiarato il regista. Luchetti ha voluto, con questa pellicola, provare ad analizzare anche l’aspetto “politico” del Papa, un «personaggio straordinario», simbolo di «qualcosa di diverso» e dotato di «una grande capacità di comunicare»: «La prima volta in cui ho prestato attenzione a Bergoglio è quando ha detto quella frase sui gay. Mi ha commosso perché ho capito che a quell’apertura della Chiesa ne sarebbero seguite altre altrettanto forti. Stava parlando da contemporaneo a contemporanei, stava compiendo un passo verso la realtà. È un Papa che sa trasmettere emozioni anche al mondo laico». Il film è incentrato sull’esperienza di vita di Bergoglio durante la dittatura militare di Videla: l’obiettivo e quello di rappresentare un uomo che, da Padre provinciale dei Gesuiti ad Arcivescovo di Buenos Aires, è sempre stato pronto ad aiutare i perseguitati dal regime, gli ultimi e gli emarginati. «Parlando con le persone che lo hanno conosciuto […] ho capito che alla nostra storia mancava il senso della povertà di Bergoglio, che rappresenta ancora oggi il centro della sua vita e che non potevamo non raccontare […]. Il suo progetto di una Chiesa povera per i poveri è nato lì», ha dichiarato Pietro Valsecchi, produttore cinematografico e televisivo, deciso fin dall’inizio del pontificato di Francesco a ideare un film su di lui.
Il nuovo film prova a raccontare le vicende di un papa vivente e pronto ad apprezzare (o criticare) la resa della sua storia (secondo Valsecchi, infatti, è «una sfida raccontare una persona che poi vedrà e giudicherà»). L’elemento fondamentale che ha convinto Luchetti a girare il film è stato una testimonianza di Bergoglio a un processo sui desaparecidos di circa dieci anni fa. Il regista, a quel punto, si è reso conto che Francesco era «ancora una persona lontana da quella che conosciamo», un uomo che, all’epoca, «sentiva ancora la pressione dei drammi nella sua vita». Tuttavia rendere un film somigliante alla realtà può risultare molto difficile, come ha sottolineato l’attore Rodrigo De la Serna (il Bergoglio cinematografico dal 1961 al 2005), pronto a chiedere perdono al Santo Padre per gli errori che ha commesso durante la realizzazione della pellicola: «Ho incontrato le persone che l’hanno conosciuto e ho osservato con attenzione le sue inflessioni, il suo linguaggio, il suo modo di affrontare e comunicare il vangelo. Ma sono consapevole che, per quanto siano laboriosi i tentativi di avvicinarsi a una figura storica, la realtà non si riproduce mai perfettamente». E’ d’accordo anche “l’altro Francesco” (dal 2005 in poi), Sergio Hernàndez, secondo cui «interpretare un personaggio vivente è una grande responsabilità». Dopotutto Bergoglio è stato chiaro nell’esprimere il suo punto di vista sulla capacità dei media di esaltare eccessivamente un pontefice: «Dipingere il Papa come una sorta di Superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti». Un uomo, una «persona normale» a cui piace stare tra la gente, aiutare chi soffre e andare nelle parrocchie.
Giulio Nocerino

Classe 90. Fanatico di cinema, musica e calcio; amante di teatro, fumetti, politica, storia, arte, lettura. Laureato in Cinema e Teatro alla Sapienza di Roma, amo scrivere perché dopo un po', a furia di parlare, mi stanco di sentire la mia voce. "Io sono vivo, ma non vivo perché respiro, mi sento vivo solo se sfilo la stilo e scrivo." (cit.)

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