Quella di Lina Wertmuller è scuramente e senza alcun dubbio una delle carriere più di rilievo nella storia del cinema italiano
Quella di Lina Wertmuller è forse la carriera più di rilievo nella storia del cinema italiano. Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich ha dedicato interamente la sua vita alla settima arte.
La futura regista e sceneggiatrice nasce a Roma nel 1928. A diciassette anni si iscrive all’Accademia Teatrale diretta da Pietro Sharoff, regista russo allievo di Stanislavskiy. Lina Wertmüller lavora poi per radio e televisione, sia come autrice che come regista: sua è la regia della prima edizione della celebre trasmissione “Canzonissima” e della serie televisiva musicale “Il giornalino di Gian Burrasca“. Sarà, inoltre, aiutante ed attrice alle dipendenze di Federico Fellini nelle pellicole “La dolce vita” (1960) e “8 e mezzo” di due anni più tardi (1962).
Il suo esordio come regista avviene nel 1963 con “I basilischi“, amara e grottesca narrazione della vita di alcuni poveri amici del sud; per questo film riceve la Vela d’argento al Festival di Locarno. Nel 1965 gira “Questa volta parliamo di uomini” (con Nino Manfredi) che vince la Maschera d’Argento; in seguito dirige due commedie musicali con lo pseudonimo di George H. Brown: “Rita la zanzara” e “Non stuzzicate la zanzara”, con Rita Pavone e con l’esordiente Giancarlo Giannini.
Per il suo “Pasqualino Settebellezze” nel 1977 arrivano tre candidature agli Oscar, tra cui quello per la miglior regia. Lina Wertmuller è la prima donna ad essere candidata alla vittoria dell’Oscar come miglior regista: dopo di lei ci saranno solo Jane Campion e Sofia Coppola, rispettivamente nel 1994 e 2004. Grazie a Lina si impone all’attenzione del pubblico una nuova coppia del cinema italiano: Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, binomio perfetto per interpretare gli stereotipi nostrani.
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