La fame nel mondo è un problema antico, ma negli ultimi anni si è trasformata in un’emergenza globale senza precedenti. La crisi alimentare è un’emergenza che non può essere ignorata. È necessario agire rapidamente per affrontare le cause di questa crisi e fornire assistenza alle persone che ne sono colpite. Di questo (tra cause e dati) ne parliamo, nella storia di oggi, con Azione contro la Fame.
Crisi alimentare, i dati
Il divario globale di finanziamenti per l’emergenza fame ha raggiunto il 65%, relativamente ai Paesi con i bisogni più urgenti, ovvero quelli in situazione di crisi alimentare. Lo rivela il nuovo rapporto di Azione contro la Fame “2024 Hunger Funding Gap”, pubblicato in concomitanza con il World Economic Forum di Davos.
La nuova analisi dei finanziamenti, basata sui dati del sistema umanitario delle Nazioni Unite, rivela che nel 2023 è stato soddisfatto solo il 35% degli appelli provenienti da Paesi che si trovavano ad affrontare livelli di fame “di crisi” o peggiori, secondo la classificazione IPC, con un conseguente gap di finanziamenti per la risposta alla crisi alimentare del 65%, in aumento del 23% rispetto all’anno precedente.
Intervista a Simone Garroni, Direttore di Azione contro la Fame
Il momento dell’intervista è arrivato. Parliamo in maniera più approfondita della crisi alimentare con chi ha redatto il report “2024 Hunger Funding Gap” ovvero Simone Garroni, Direttore di Azione contro la Fame:
Quali sono le conseguenze del fatto che i paesi con livelli di fame “da crisi” abbiano ricevuto solo il 35% dei finanziamenti richiesti?
Nelle comunità che sperimentano livelli di fame da “crisi”, almeno 1 famiglia su 5 non ha cibo a sufficienza e ci sono alti livelli di malnutrizione acuta, che contribuisce a quasi la metà di tutti i decessi nei bambini di età pari o inferiore ai cinque anni e può causare deterioramento cognitivo tra coloro che sopravvivono. Nel breve termine, il deficit di fondi per la fame significa che governi e le ONG non sono in grado di fornire il sostegno umanitario essenziale per prevenire ulteriore sofferenza e salvare vite umane.
Significa anche che non abbiamo abbastanza fondi per aumentare la portata degli approcci già collaudati per costruire la resilienza delle comunità e prevenire la fame. Questo può far sì che le persone rimangano intrappolate in una spirale di povertà, che non è solo una tragedia morale, ma può anche contribuire all’instabilità geopolitica. I conflitti e la fame, infatti, sono profondamente legati, e maggiori investimenti per soddisfare i bisogni essenziali oggi, potrebbero prevenire la necessità di spese ancora più elevate per affrontare crisi più gravi nel lungo periodo.
Quali sono le cause di questo basso livello di finanziamenti?
Le cause della carenza di fondi per la fame sono estremamente complesse e allo stesso tempo straordinariamente semplici: la comunità globale non ha fatto della fame una priorità. Il mondo produce cibo a sufficienza per tutti. Abbiamo anche le risorse finanziarie per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite di ridurre la fame a zero entro il 2030. Eppure, a livello globale, quasi una persona su 10 va a letto affamata ogni sera. Il cambiamento può iniziare solo rivedendo le nostre priorità, sia a livello individuale che collettivo.
Quali sono le responsabilità dei paesi nel rispondere all’emergenza alimentare?
L’accesso a cibo sano ed economico è un diritto umano fondamentale. Vogliamo un mondo in cui tutti coloro che possono rispondere alla crisi della fame lo facciano. I Paesi più ricchi e quelli che hanno sottoscritto i principi dell’ONU hanno l’obbligo particolare di onorare i loro impegni e di essere leader nella creazione di un mondo migliore. Le principali cause della fame sono i conflitti, i cambiamenti climatici e le disuguaglianze croniche. Per rispondere a queste minacce, i Paesi donatori dovrebbero bilanciare gli aiuti immediati con fondi affidabili per lo sviluppo a lungo termine, per rafforzare tutti quei sistemi che possono prevenire la fame in prima battuta.
Ci sono “colpe” anche dei media in questa situazione di crisi alimentare?
Ci siamo resi conto che, quando le persone sono più consapevoli del problema, esprimono preoccupazione e spesso chiedono di agire. I media possono svolgere un ruolo significativo nel focalizzare l’attenzione sulla fame, evidenziando sia le aree di progresso sia quelle in cui è necessaria una risposta ancora maggiore. Purtroppo, questo non sempre accade. Qualche anno fa, Azione contro la Fame ha analizzato la copertura mediatica relativa alla fame in alcuni Paesi e l’ha confrontata con i livelli di fame e i finanziamenti per la fame. Abbiamo scoperto che i media globali in lingua inglese non si concentravano sui Paesi in cui la fame o il bisogno non soddisfatto di sostegno umanitario era più alto.
Cosa si deve fare per risolvere questa situazione di crisi alimentare?
Sebbene i finanziamenti siano solo una parte di ciò che serve per affrontare le complesse sfide della fame, è improbabile che riusciremo a mettervi fine nel corso della nostra vita senza colmare anche il divario di fondi, che è salito al 65% – il che significa che solo il 35% degli appelli di finanziamento legati alla fame sono stati soddisfatti. Ci vorrebbero 8,13 miliardi di euro per finanziare completamente gli appelli alla fame dei 17 Paesi considerati nel nostro Rapporto. Fame. Per affrontare queste crisi alimentari è necessario che un maggior numero di Paesi, di individui e di fondazioni fornisca maggiori fondi.
È inoltre importante che i donatori intervengano prima, per evitare che le crisi si aggravino. Negli ultimi anni, una risposta rapida è riuscita a prevenire la carestia in Paesi come la Somalia. Tuttavia, la nostra analisi ha rilevato che, troppo spesso, i Paesi che si trovano ad affrontare il peso maggiore della fame ricevono le risorse più scarse e, quindi, che l’ammontare del sostegno finanziario ricevuto non è necessariamente correlato ai livelli di fame. Ne sono un esempio l’Honduras e il Kenya. In entrambi i Paesi, il 24% della popolazione soffre la fame a livello di crisi, o peggiore. Eppure, l’Honduras ha un divario dell’88% nei finanziamenti per la fame, mentre il Kenya ha un divario del 18%. Per poter salvare ogni vita, le richieste di finanziamenti legati alla fame dovrebbero essere completamente soddisfatte.
È anche importante ricordare che ognuno di noi può fare la differenza aiutando a sensibilizzare le proprie reti sociali sulla crisi alimentare globale e chiamando i leader politici all’azione.
Quali sono le pressioni politiche che ostacolano un aumento dei finanziamenti per l’emergenza alimentare?
In alcuni Paesi, ci sono delle resistenze quando i governi e le agenzie di sviluppo propongono un sostegno pluriennale che sia abbastanza flessibile da rispondere a esigenze in rapida evoluzione. Eppure, è proprio questo il tipo di finanziamento che può fare la differenza.
In altri casi, i bilanci per l’assistenza umanitaria vengono talvolta collegati ad altre priorità politiche. L’assistenza umanitaria dovrebbe invece essere indipendente dagli obiettivi politici e militari e dovrebbe basarsi esclusivamente sui bisogni delle popolazioni civili.
In alcuni casi, ci possono essere limitazioni sul modo in cui i fondi per la fame sono strutturati o anche sulle organizzazioni che possono ricevere il sostegno, il che può rendere più difficile rispondere rapidamente alle emergenze della fame che si stanno sviluppando.
L’ideale sarebbe che i donatori fornissero finanziamenti mirati direttamente alle ONG locali che hanno esperienza nell’affrontare la fame nel mondo e che hanno personale proveniente dai luoghi in cui operano.
Crediti immagini di copertina: Kenya – (c) Abel Gichuru per Azione contro la Fame