Specchi & Doppi

Esercito italiano in allerta per la guerra in Ucraina

In Italia con una circolare del ministero l'esercito viene allertato per la crisi ucraina

Giunge come un fulmine a ciel sereno la circolare con cui l’esercito italiano viene messo in allerta per la guerra in Ucraina. Inaspettata quanto “rinnegata” la circolare che ha fatto sobbalzare dalle sedie un po’ tutti. L’impennata degli umori è stata repentina e la negazione che in quella circolare ci fosse qualcosa non di routine hanno camminato in parallelo.

Il tam tam messo in moto da questa “fuga di notizie” e subito amplificato dai media che stazionano, ormai purtroppo, h.24 sulle notizie dalla guerra ucraina hanno creato immediatamente il panico; inutile negarlo. Un sobbalzo ha toccato un po’ tutti e il patatrac era già bello e confezionato.

Fiumi di parole, scritte e urlate in tv e sul web ci hanno inondati con quel piglio che è proprio della bella indignazione un tanto al chilo che va tanto di moda. In realtà alla fine ci abbiamo capito molto poco e a tirare le somme possiamo dire che ne sappiamo meno di prima.

La circolare vivisezionata

Dunque abbiamo imparato un sacco di termini nuovi o a noi sconosciuti perché di gergo militare.

Abbiamo scoperto le operazioni «orientate al warfighting» cui sono esortate le truppe.

Ci siamo resi conto che lo Stato maggiore ha confermato che «il Vertice adegua le priorità delle unità dell’Esercito, al fine di rispondere alle esigenze dettate dai mutamenti del contesto internazionale».

Inoltre, bisogna «porre particolare attenzione nel valutare le domande di “congedo anticipato” in quanto siamo in un momento caratterizzato dall’intensificarsi delle tensioni geopolitiche».

Concludendo, si viene a sapere anche che bisogna «provvedere affinché siano raggiunti e mantenuti massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, gli elicotteri e i sistemi d’arma dell’artiglieria»

Dalla difesa si smentisce

Ci mancherebbe anche che non fosse così, che gli ambienti militari non smentissero quello che non è solo un linguaggio di guerra. Questo è anche un’aperto conflitto di quanto si fa rispetto a quanto la nostra carta costituzionale prevede.

Articolo 11 Costituzione della Repubblica Italiana

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Tempi bui

Sono tempi bui questi, non ci vogliono analisti geopolitici particolarmente esperti per dirlo, ma proprio per questo motivo ora non si deve perdere la bussola e controllare che l’ago sia sempre ben ancorato al concetto di pace e alla parola diplomazia.

Allertare l’esercito per intervenire in un conflitto è un’idea surreale tanto quanto quella di annettersi territori con la guerra che tanto ci affanniamo a condannare nella teoria ma mai nei fatti concreti.

Far trapelare queste notizie così populisticamente destabilizzanti lascia quanto meno basiti. Si dirà è capitato. In realtà queste sono proprio quel tipo di notizie che se si vuole realmente tenere in un cassetto non si fa molta fatica a farlo. La complessità della situazione dovrebbe evitare di far sì che notizie del genere capitino a tiro di chi ha le mani bucate.

In guerra mai

Alla fine qualche legittimo dubbio sull’autenticità del documento è nato da più di una parte sia per il carattere sommario ed un po’ giustapposto della stesura e dall’altro perché veicolato da ambienti vicino ad alcune forze politiche di sinistra che fanno, giustamente o meno, della professione anti militare un loro principio di base.

Sta di fatto che fake o meno è il concetto di discesa in guerra del nostro Paese che dovrebbe maggiormente essere trattato come un tabù inaffrontabile. Aprire a qualsiasi discussione in merito che tenta di rivalutare posizioni diverse è già un tradimento della Costituzione bello e buono.

Gianni Tortoriello

Quattro decenni e più di vita dedicati al giornalismo, ma anche alla comunicazione tout-court, passando dalla carta stampata, alla televisione, al web. Una Laurea in Scienze Politiche alla Federico II, qualche anno d'insegnamento e qualche altro da formatore. Unica fede, il Napoli. Poche certezze, tanta passione e una consapevolezza: ciò che paga è solo l'impegno costante nel realizzare i propri progetti e, perché no, i sogni. Il villaggio globale di cristallo dell'informazione e della comunicazione è, purtroppo, divenuto il luogo dove conta solo 'spararla quanto più grossa possibile!' Il sensazionalismo e l'opinionismo hanno soppiantato la notizia. Io vorrei solo continuare a fare quello che mi hanno insegnato: raccontare i fatti.

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