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Every Last Girl

Il Niger è il posto peggiore al mondo dove essere una bambina o una ragazza, la Svezia il migliore.

Altri due Paesi scandinavi, Finlandia e Norvegia, occupano rispettivamente il secondo e il terzo posto in classifica, mentre l’Italia si piazza in decima posizione, davanti a Spagna e Germania.

A livello globale la situazione delle bambine e delle ragazze è tutt’altro che rosea: una ragazza minore di 15 anni si sposa ogni sette secondi, oltre un milione di ragazze diventano madri prima di compiere i 15 anni, mentre 70.000 ragazze tra i 15 e i 19 anni perdono la vita ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto.

Sono solo alcuni dei dati che emergono dal rapporto ‘Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm‘, lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i diritti, in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze. Il rapporto contiene la graduatoria dei Paesi al mondo dove le bambine e le ragazze hanno maggiori opportunità di crescita e di sviluppo, basata su cinque parametri – matrimoni precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado e numero di donne in Parlamento.

In coda alla classifica, prima del Niger, troviamo altri Paesi africani quali Ciad, Repubblica Centrafricana, Mali e Somalia, che si caratterizzano per numeri molto alti di spose bambine. Gli Stati Uniti non vanno invece oltre la 32esima posizione, in virtù di tassi di mortalità materna e numero di bambini nati da madri adolescenti più alti di quelli di altri Paesi ad alto reddito.

Il nostro Paese presenta gli stessi risultati della Svezia prima classificata per quanto riguarda il numero di figli per madri adolescenti (6 su 1.000) e tasso di mortalità materna (4 su 100.000 nascite), mentre ha una percentuale minore di donne che siedono in Parlamento (31% contro 44%).

Tra le principali barriere che impediscono alle bambine e alle ragazze di accedere a servizi e opportunità nella loro vita figurano i matrimoni precoci. Dal rapporto emerge che ogni sette secondi, nel mondo,una ragazza con meno di 15 anni si sposa, spesso con un uomo molto più grande di lei, a causa della povertà e di norme e pratiche sociali discriminatorie. Oggi sono più di 700 milioni le donne che si sono sposate prima di aver compiuto i 18 anni, e ogni anno 15 milioni di bambine e ragazze contraggono matrimonio ancora minorenni, con conseguenze drammatiche sulla loro salute, educazione e sicurezza.

La comunità internazionale si è impegnata a mettere fine alla pratica dei matrimoni precoci entro il 2030, tuttavia se il numero di spose bambine nel mondo crescerà ai ritmi attuali nel 2030 avremo 950 milioni di donne sposate giovanissime e 1,2 miliardi nel 2050.

L’India è il Paese con il più alto numero di spose bambine, con il 47% delle ragazze, più di 24,5 milioni, sposate prima di aver compiuto i 18 anni. In India, del resto, così come in Afghanistan, Yemen e Somalia, sono numerosi i casi di spose bambine che hanno meno di 10 anni e che si legano a uomini molto più grandi di loro. Dal rapporto emerge inoltre come le ragazze che vivono in famiglie povere abbiano molte più probabilità di sposarsi molto giovani rispetto alle proprie coetanee con alle spalle famiglie benestanti. In Nigeria, per esempio, il 40% delle ragazze povere si sposa prima di aver compiuto i 15 anni, una percentuale che si abbassa al 3% per le ragazze più ricche.

Anche guerre e crisi umanitarie contribuiscono ad alimentare il fenomeno dei matrimoni precoci. Molte ragazze siriane vengono costrette dalle proprie famiglie a sposarsi in tenerissima età, nella convinzione che questo sia l’unico modo per metterle al riparo da violenze e stupri e per assicurare loro risorse e mezzi di sostentamento che spesso le stesse famiglie non sono più in grado di garantire. Tra le ragazze siriane rifugiate in Giordania, nel 2013, una su quattro di età compresa tra i 15 e i 17 anni risultava già sposata.

Ogni anno, secondo il rapporto, 16 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni mettono al mondo un figlio, mentre sono oltre un milione le ragazze che diventano madri prima di compiere i 15 anniLe complicazioni durante la gravidanza e il parto rappresentano, dopo i suicidi, la seconda causa di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni, con circa 70.000 ragazze che perdono la vita ogni anno. I bambini che nascono da madri adolescenti, inoltre, hanno il 50% d probabilità in più di morire nei primi giorni dopo il parto, rispetto ai figli di donne tra i 20 e i 35 anni di età.

Barriere amministrative e legali e pratiche socio-culturali e religiose rappresentano ostacoli spesso decisivi che impediscono in molti Paesi a bambine e ragazze di accedere a servizi di salute sessuale e riproduttiva, tra cui test dell’Hiv e metodi contraccettivi. In Yemen, dove il 32% delle ragazze si sono sposate prima dei 18 anni, non esiste un limite minimo di età per contrarre matrimonio, mentre nel mondo 30 milioni di ragazze rischiano di subire mutilazioni genitali femminili nel prossimo decennio. Oltre un terzo delle giovani donne nei Paesi in via di sviluppo, emerge inoltre dal rapporto, è fuori sia dal circuito scolastico che da quello del lavoro formale.

In molti Paesi al mondo, infine, le ragazze continuano a non potersi esprimere liberamente e a non essere coinvolte nei processi decisionali pubblici e privati.A livello globale, solo il 23% dei seggi parlamentari è occupato da donne le quali, peraltro, presiedono le Camere dei Parlamenti solo nel 18% dei casi. La più alta percentuale di donne in Parlamento si registra in Ruanda (64%), mentre le donne parlamentari sono solo il 9% in Mali, il 6% in Nigeria e il 2% in Egitto. Qatar e lo Stato insulare di Vanuatu, invece, non hanno alcuna donna in Parlamento.

Save the Children, che in molte parti del mondo realizza programmi che supportano le bambine e le ragazze più svantaggiate, chiede in particolare ai governi di impegnarsi a raggiungere tre garanzie per tutte le bambine e le ragazze al mondo: una finanza equa che permetta loro di accedere ai servizi di base; l’eliminazione di discriminazioni economiche e sociali; meccanismi di trasparenza che garantiscano che la voce delle ragazze sia ascoltata e considerata decisiva nei processi decisionali pubblici e privati.

Redazione CinqueColonne

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