Il welfare aziendale, sempre più apprezzato negli ultimi anni, ha bisogno di nuovi strumenti di espressione che risponda al nuovo rapporto tra gli italiani e il lavoro
Qual è il rapporto tra gli italiani e il lavoro? Ce lo dice l’ultimo rapporto Censis-Eudaimon sul Welfare aziendale. Il dato che in modo più lampante salta agli occhi è un paradosso tutto italiano: in un momento in cui l’occupazione registra un massimo storico, i lavoratori manifestano un maggiore distacco dal lavoro. In molti casi il lavoro è ancora subordinato alle esigenze della vita privata.
Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha riscosso un sempre maggiore apprezzamento e visto una notevole diffusione. Anche la normativa in materia, sta vivendo una stagione di nuova fioritura. Nel frattempo, però, il mondo del lavoro è profondamente cambiato e in virtù di tali cambiamenti, il welfare deve abbracciare le nuove esigenze sociopolitiche: integrare le retribuzioni, sostenere determinate spese familiari, rispondere alle politiche di impulso alla natalità. Il mercato del lavoro vede da un lato aziende sempre più impegnate ad attrarre e trattenere lavoratori e dall’altro lavoratori sempre più attenti nel conciliare tempi di lavoro con quelli della vita privata. Il welfare dovrà rispondere anche a queste esigenze e per riuscirci dovrà puntare sulla semplificazione. Dovrà, cioè, rendere più semplice ai lavoratori risolvere le criticità che rendono le loro vite così complicate.
Nel 2022 gli occupati in Italia sono stati 23,1 milioni: un dato che rappresenta il più alto di sempre. Il tasso di occupazione, tra il 2012 e il 2022 è salito dal 56,1% al 60,1%. Il gap nel tasso di occupazione tra uomini e donne si è ridotto di 0,6 punti percentuali. Cresce anche il lavoro stabile: dal III trimestre del 2019 allo stesso periodo del 2023 ci sono 595mila dipendenti in più, 738mila permanenti e 143mila a termine in meno. Diminuiti di 207mila unità i lavoratori indipendenti. Numeri incoraggianti che nascondo un però. Restano, infatti, criticità come la scarsità di lavoratori giovani (i lavoratori della fascia dei 15-34enni è ridotta del 6,5%) e dei 35-49enni (-14,7%); decollata, invece, quella dei 50-64enni (+40,7%) e degli over 64enni (+66,2%). Permane la disparità di genere nell’occupazione tra madri e padri. In Italia avere figli per le donne è ancora penalizzante e spesso escono dal mondo del lavoro per colmare le lacune dei servizi di cura.
Se nel 2017 le dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratori genitori erano stati 39.738, nel 2022 sono state oltre 61mila. Le madri sono state 44,7mila mentre i padri 16,7mila, vale a dire il 41,7% delle madri contro il 2,8% dei padri.
Dal quadro appena descritto emerge quello che è l’approccio degli italiani di oggi al lavoro. Lavoratori non molto giovani che non hanno interesse a impegnarsi tantissimo. Il benessere personale non passa più attraverso carriere lavorative da sogno ma dalla possibilità di recuperare, dove possibile, tempo per se stessi, la famiglia, le cose che appassionano. Tali aspirazioni sono stati anche alla base, per esempio, di tante rinunce a lavori solo perché troppo lontani da casa.
In quest’ottica il welfare aziendale, nel prevedere integrazioni al reddito e benefit, deve avere come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita dei dipendenti.
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