L'espressione long Covid si riferisce ai disturbi cognitivi presenti in coloro che si sono ammalati anche a distanza di mesi dalla guarigione
Problemi di memoria, stato confusionale, difficoltà a gestire le più semplici operazioni quotidiane sono alcuni dei disturbi cognitivi riconducibili al long Covid. Gli studi condotti in questi mesi hanno evidenziato una serie di disturbi riscontrati in chi si è ammalato anche diversi mesi dopo la guarigione.
Oltre a gravi danni a carico dell’apparato respiratorio, il Covid ha portato con sé anche disturbi neurologici come forti mal di testa e la perdita dell’olfatto e del gusto. Sintomi che vanno regredendo ma che non sempre rientrano in corrispondenza con il risultato negativo del tampone. Secondo uno studio condotto dai medici della Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital, a New York, un quarto delle persone che si sono ammalate di Covid ha manifestato disturbi della memoria, difficoltà di concentrazione e problemi nel condurre funzioni esecutive. Difficoltà, cioè, nel portare a termine quelle azioni volontarie semplici che siano anche vestirsi o cucinare. Gli studiosi la chiamano nebbia mentale e colpisce sia i soggetti che sono stati ospedalizzati sia quelli che si sono ammalati meno gravemente. Questo stato si può protrarre da quattro settimane fino a circa otto mesi dopo la guarigione dove per guarigione intendiamo la negativizzazione del soggetto rispetto al virus.
Uno studio pubblicato sulla rivista Lancet Psychiatry rivela che su 236 379 pazienti con diagnosi di COVID-19, il 33% ha manifestato sintomi neurologici a lungo termine. Tra questi il 15% dei pazienti ha riscontrato una difficoltà a parlare, il 16% difficoltà esecutive, e il 24% problemi di memoria. I problemi di natura cognitiva sono stati riscontrati non solo nei pazienti ospedalizzati ma anche in quelli che sono stati curati ambulatorialmente. Megan Hosey, psicologa della riabilitazione presso la struttura Johns Hopkins Medicine, ha evidenziato come, in linea generale, un terzo dei pazienti di terapia intensiva presentino disturbi cognitivi. Un dato dovuto alla sedazione che, inducendo nel paziente uno stato confusionale, lo aiuta a gestire meglio l’ansia legata al suo stato di salute. Questo stato confusionale avrà delle ripercussioni sullo stato di salute mentale nel lungo periodo. Dunque, per gli ammalati gravi di Covid 19 il quadro sui possibili danni del long covid sembra abbastanza prevedibile. Il dato che desta più incertezza è che tali disturbi si manifestano frequentemente anche in chi non è stato sottoposto a sedazione.
A questo punto la causa di tali disturbi può essere duplice: un’infiammazione del cervello o un’eccessiva risposta immunitaria. Fermo restando che diversi studi provenienti da più centri di ricerca dimostrano che il Covid non attacca direttamente le cellule del cervello, esistono diversi virus che possono portare un’infiammazione del cervello. I meccanismi che mettano in correlazione Covid e infiammazione al cervello, però, non sono ancora noti. Una delle risposte potrebbe risiedere nel sistema immunitario attivato dall’organismo intento a combattere contro il Covid. L’ultimo interrogativo sul quale la comunità scientifica è ancora divisa riguarda la completa remissione dai sintomi del long Covid. Secondo alcuni studiosi i pazienti guariscono nel giro di qualche mese, secondo altri sono destinati alla demenza.
In copertina foto di Engin Akyurt da Pixabay
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