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Kibbutz: cosa rappresentano per Israele queste comunità

Nati agli inizi del secolo scorso, i kibbutz sono la realizzazione del progetto di Israele di avere una terra per il proprio popolo

L’ultimo attacco di Hamas a Israele si è consumato, lo scorso 10 ottobre, nel kibbutz di Kfar Aza. Un attacco dalla ferocia inaudita. Al momento non è ancora possibile stilare un bilancio delle vittime. Sappiamo solo che tra le vittime ci sono anche tanti bambini. Sorvolando sui dettagli di questa operazione ferocissima, oggi parliamo di ciò che i kibbutz rappresentano per la storia e la cultura ebraica.

Il movimento sionista

Alla fine dell’Ottocento il movimento sionista postulò l’autodeterminazione del popolo ebraico e la creazione di uno Stato ebraico in Palestina. Per supportare tale idea, nel 1901 a Basilea, fu creato il Fondo nazionale ebraico. Grazie al Fondo furono acquistati e bonificati i primi terreni che ospitarono le prime comunità ebraiche: i kibbutz. Il primo kibbutz prese il nome di Degania Aleph e fu fondato nel 1909.

Cosa sono i Kibbutz d’Israele

I kibbutz nacquero come comunità indipendenti, ispirate al modello socialista. Il termine kibbutz, infatti, significa “ritrovo” o anche “collettivo”. Inizialmente dedite all’agricoltura, in un secondo momento si impegnarono anche nelle attività industriali. Ogni kibbutz ospitava dalle 100 alle 1000 persone formando delle vere e proprie comuni. Ciascuno otteneva gratuitamente una casa e un lavoro nei campi o nelle fabbriche. Si mangiava tutti insieme, l’educazione dei bambini era affidata non solo ai genitori ma all’intera comunità. Vigeva il principio di uguaglianza tra uomini e donne che ricevevano lo stesso compenso, anche se tutto ciò che si guadagnava veniva utilizzato per la gestione del kibbutz.

Il 1948 segnò una svolta nella storia dei kibbutz. Con la nascita dello Stato di Israele, il sogno della comune e la necessità di fuggire dalle atrocità naziste attirarono migliaia di giovani ebrei da tutto il mondo. Le comunità prosperarono fino agli anni Settanta quando i debiti accumulati e lo sviluppo delle città portò gli abitanti dei kibbutz a trasferirsi altrove. L’operazione di privatizzazione delle attività, condotta a partire dagli anni Ottanta fino ai primi anni Duemila, ha portato a un’ulteriore spopolamento.

I kibbutz oggi

Il panorama è totalmente cambiato da dieci anni a questa parte quando i kibbutz si sono per così dire reinventati. Molte comunità hanno abbandonato il modello socialista per adottare una politica di salari differenziata o un modello misto. Le attività principali non sono più l’agricoltura e l’industria ma anche la tecnologia. Nel kibbutz di Revivim, nel sud di Israele, ha aperto i battenti un incubatore di startup; il primo del suo genere gestito dal kibbutz stesso al suo interno.

Il kibbutz conserva ancora oggi tutto il suo fascino, cosa che lo rende meta ideale per un breve soggiorno. Così, alcuni di essi si propongono come meta turistica con tanto di piattaforma sulla quale effettuare la propria prenotazione.

In copertina foto di Leehu Zysberg da Pixabay

Serena Bonvisio

Giornalista pubblicista, ha al suo attivo collaborazioni con diverse testate locali e nazionali, nonché esperienza di radio e ufficio stampa. Il web è come il primo amore... non si scorda mai.

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Serena Bonvisio

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