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L’asteroide che spaventò la Luna

Circa 3.8 miliardi di anni fa un gigante asteroide si è schiantato sulla Luna formando il Mare Imbrium, una zona scura sulla superficie del nostro satellite che corrisponde all’occhio destro del suggestivo Man in the Moon.

Fino a qui nulla di nuovo: l’illusione ottica del volto umano ‘incastonato’ su una delle facce della Luna (immagine a sinistra) è nota già negli anni ’70, quando il Mare Imbrium è stato immortalato per la prima volta dalla storica missione Apollo 15.

La novità riguarda invece le dimensioni dell’asteroide responsabile di aver realizzato questo occhio lunare.

Uno studio pubblicato oggi su Nature suggerisce che il suo diametro fosse più del doppio di quanto stimato in precedenza, con una massa 10 volte maggiore.

Un asteroide grande più o meno come l’intero stato del New Jersey: ecco la nuova stima proposta dallo studio coordinato dallaBrown University americana.

“Secondo noi Imbrium è stato formato da un oggetto assolutamente enorme, – commenta Pete Schultz della Brown – abbastanza grande da essere classificato comeprotopianeta. È la prima stima delle dimensioni dell’asteroide basata prevalentemente sulle strutture geologiche che possiamo osservare sulla Luna”.

Le analisi precedenti erano infatti basate esclusivamente su modelli simulativi, da cui però risultava una dimensione di ‘soltanto’ 80 chilometri di diametro.

Un dato più che raddoppiato dallo studio su Nature, che parla invece di un diametro dell’asteroide di circa 240 chilometri.

L’approccio di Schultz e colleghi è stato quello di mettere a confronto i dati disponibili sulla morfologia del Mare Imbrium, confrontandoli con quelli di altri crateri su Marte, su Mercurio e sulla Luna stessa.

Gli scienziati hanno trovato diversi elementi in comune, giungendo alla conclusione che non fosse poi così infrequente trovare asteroidi delle dimensioni di protopianeti aggirarsi nelgiovane Sistema Solare.

Un’informazione preziosa per comprendere l’evoluzione del nostro sistema planetario: “La Luna conserva ancora indizi che possono cambiare la nostra interpretazione dell’intero Sistema Solare – afferma Schultz – e la sua faccia spaventata può dirci molto su cosa sia avvenuto nel nostro vicinato spaziale circa 3.8 miliardi di anni fa”.

Redazione CinqueColonne

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