La ‘Bestia’, emittente e centrale operativa nemmeno tanto occulta della comunicazione web politica che ha avuto il suo culmine nelle dimissioni del governo del 20 agosto del 2019, ma che ha eterodiretto buona parte dell’informazione sia prima che dopo è implosa nella maniera più classica al sorgere dei noti problemi che il suo creatore stesso sta avendo.
Naturalmente, sia chiaro, noi qui non ci sogneremmo nemmeno lontanamente di parlare dei problemi personali e giudiziari di una persona di cui non riteniamo giusto nemmeno riportare il nome, nonostante sia così famoso, per l’estremo rispetto che abbiamo nei confronti di chi può trovarsi in un momento di difficoltà.
Quello che ci interessa è iniziare una riflessione seria e ponderata su quello che la ‘Bestia’ ha significato nel panorama della comunicazione politica italiana e, soprattutto, nel modo di fare comunicazione e informazione in Italia.
Di sicuro c’è un solo dato: questo modo è cambiato ed il passaggio della ‘Bestia’ non è stato indolore né finirà con la scomparsa dalla scena, per motivi di forza maggiore, del suo ideatore.
La comunicazione politica italiana ha trovato con la ‘Bestia’ un modus espressivo e di essere che era estraneo all’agone italiano che fino ad allora non solo non aveva dimostrato di conoscere ed usare i social ma, possiamo dire a buona ragione, era ancora fermo ai manifesti, ai santini ed a tutta quell’impalcatura fatta di convegni, incontri, appuntamenti e riflessione.
La Bestia e la Comunicazione
La ‘Bestia’ deflagra, con tutto il portato di disgusto che si tira dietro, trovando terreno fertile in un’Italia dove si sono perse le coordinate della politica e dove dal 1993 in poi sempre più il potere giudiziario ha sostituito di fatto quello politico.
Smantellata la Prima Repubblica non sostituita con la Seconda mai ci siamo trovati con una classe politica composta dalle seconde linee del passato che si sono presto rivelate inadeguate sia per esperienza che per progettualità a secco delle ideologie che avevano alimentato le forze politiche nostrane dal 1948 in poi.
Questo ha aperto uno spazio in cui si sono infilati i cosiddetti “consulenti” d’immagine e comunicazione precursori della ‘Bestia’ che è stata la loro evoluzione/involuzione quasi naturale passando allegramente per ‘Vaffaday’ ed erosione continua e costante degli spazi vitali ion cui la politica vera potesse crescere e svilupparsi.
Si è alimentata l’idea che la politica fosse sporca e che tutti sono uguali e tutti fanno le stesse cose non importa se di destra e di sinistra, anzi si è inoculata sotto pelle al sistema sociale sociale il disprezzo per le idee (men che mai per le ideologie) al fine di sguazzare nell’individualismo più totale.
Si sceglie il singolo e non la forza politica! Si è detto con slogan e campagne che trascinavano intanto l’Italia in quel vortice senza senso del bipolarismo perfetto dove il criterio è il classico “o con me o contro di me”.
L’avversario è divenuto sempre più il nemico non da combattere ma da abbattere in ogni modo, specie con la delazione ed il dileggio affondando a piene mani nelle umane miserie.
Questo lo scenario in cui la ‘Bestia’ attecchisce senza alcun problema. La domanda da porsi, oggi, è: quanto la ‘Bestia’ ha cambiato questo scenario o quanto essa ne sia figlia.
La Bestia e l’Informazione
Il modus operandi della ‘Bestia’ era semplice alla fine: sbatti il mostro in prima pagina e continua a cantare la stessa menzogna dieci, cento, mille volte finché non si creda che è la verità.
Lo storico Hugh Trevor-Roper scriveva nel 1978
“Gli argomenti devono dunque essere crudi, chiari e forti, e fare appello alle emozioni e agli istinti, non all’intelletto. La verità non era importante, e del tutto subordinata alla tattica e alla psicologia, ma le bugie di comodo (‘verità poetica’) devono sempre essere rese credibili”.
Immigrazione, droga, sicurezza, e poi singoli casi come quello di Stefano Cucchi o altri che hanno riguardato forze dell’ordine o altri apparati dello Stato sono stati i temi su cui la sua azione si è sviluppata attraverso il suo classico movimento ad onde.
Orde barbariche di troll che si muovevano (e si muovono) sui social pronti ad inondare profili e persone reali della melma più assurda che possa esserci.
Un esercito invisibile ma sempre pronto a scattare all’ordine della ‘Bestia’ cieco di odio e incurante di quanto demoliva al suo passaggio certo che si trattasse solo di effetti collaterali.
Chi ci ha costruito le proprie fortune politiche elettorali è più che noto e non vale la pena neppure sottolinearlo anche se, armati di doppia morale, ora chiedono comprensione per l’amico che ha sbagliato, se ha sbagliato.
Ecco, questa è la riflessione che invitiamo a fare: quanto ci ha cambiato la ‘Bestia’ ?
Soprattutto, però, chiedo di farla agli operatori della comunicazione e dell’informazione quanto ci ha cambiato la ‘Bestia’ ? Lo chiedo a chi colpevolmente non sa e nemmeno si cura di capire che comunicazione ed informazione non sono la stessa cosa, che se la comunicazione può scegliere di essere ‘Bestia’ l’informazione non deve farlo mai. Mai!
Lo chiedo a quell’informazione che passa le veline della politica, delle procure, delle multinazionali con la pretesa di etichettarle come notizie e che concorrono a formare l’opinione pubblica ricamando ad arte sul politico, sul personaggio dello spettacolo o sul poveraccio che si trova suo malgrado sbattuto in prima pagine come capro espiatorio di ogni male.
La Bestia è davvero morta?
Parafrasando il celebre regista diciamo che non abbiamo paura della ‘Bestia’ che è in te ma della ‘Bestia’ che è in me.
La paura è di quanto ‘Bestia’ siamo tutti noi e di quanto si goda nel vedere il tritacarne mediatico e la macchina del fango in azione come quando si andava nella pubblica piazza a vedere i poveracci che andavano arsi loro malgrado sui roghi della Santa Inquisizione.
Siamo cambiati da allora o la ‘Bestia’ ha solo reso moderno quel concetto?
Ora la ‘Bestia’ dovrebbe trovare pace a rigor di logica ma ci sembra di essere fin troppo facili profeti nel dire che nulla cambierà almeno finché non cambierà l’approccio di ognuno di noi verso l’altro da se ritornando a concepirlo anche persino come un avversario ma mai come un nemico.