Categorie: Sport

La forza del Marchio

Che l’Inter di Milano sia alla disperata ricerca di un accesso alla Champion league per incassare gli alti proventi è noto a tutti. Si scrive e si legge che in caso di mancata qualificazione la squadra potrebbe fallire: cerchiamo di capirne i motivi.

Erick Thohir  figlio di Teddy Thohir (tra i fondatori e azionisti di Astra International)

Attualmente la famiglia Thohir attraverso la sua holding, TNT Group, controlla molte partecipazioni azionarie di aziende in molteplici settori, come la raffinazione di gas naturale, la ristorazione, l’immobiliare, i media e nel settore del carbone.

Il TNT Group, nel 2014, ha avuto un fatturato di 990 milioni di dollari.

Magnate indonesiano dell’editoria e della televisione, nel 1993 ha creato il Mahaka Group,  nel 2011 è diventato il proprietario del quotidiano indonesiano Republika e della televisione JakTV.

Nel 2013, insieme al fratello Garibaldi e altri investitori indonesiani, ha acquistato il 35% dell’azienda di telecomunicazioni PT Hutchison 3 Indonesia.

E’ nel consiglio di amministrazione della federbasket e interessi in squadre locali Per quanto riguarda il calcio, è il proprietario del D.C. United, gestisce il Persib Bandung, squadra che milita nel massimo campionato indonesiano. Il 15 novembre del 2013 diventa l’azionista di maggioranza e presidente dell’Inter, acquisendo insieme a Rosan Roeslani e Handy Soetedjo il 70% delle quote societarie da Massimo Moratti con la sua società International Sports Capital di Hong Kong, controllata dall’Asian Sports Ventures attraverso la Merdeka Investments.

il 15 novembre 2013:  l’Inter da Massimo Moratti passa Erick Thohir accollandosi debiti per circa 180 milioni.

Come tramutare un rifinanziamento in un giacimento (di 220 milioni) di plusvalenze“. Tratto dai servizi di Marco Bellinnazzo, giornalista del Sole 24 Ore.

Articolo interessantissimo che spiega tante magie. In pratica come ristrutturare 230 milioni di debiti e far emergere proventi straordinari per quasi 220 milioni in soli due anni? Per capirlo occorre riguardare tutto con una sorta di moviola giuridico -finanziaria. Finita l’epoca d’oro delle super plusvalenze, intorno al 2005, il Calcio italiano si è finanziato con le cessioni dei marchi. In pratica, il brand veniva venduto a una società collegata al club calcistico e creata apposta. Il club incassava subito un certo corrispettivo in modo da aggiustare i bilanci e “riaffittava” contestualmente il marchio dalla società per sfruttarlo commercialmente pagando un canone.

A dicembre 2005 l’Inter scorporava così il marchio cedendolo a una società controllata, la Inter Brand, per 158 milioni. A finanziare l’operazione, con 120 milioni, è Banca Antonveneta.

Giugno 2014. Thohir diventato proprietario dell’Inter si obbliga a liberare Massimo Moratti dalle garanzie personali prestate per assicurare le banche creditrici del club nerazzurro.

Il neo presidente paga i debiti di facendosi prestare i soldi da Goldman Sachs e da altri fondi tramite Unicredit. A sua volta Inter Brand conferisce a IMC il marchio “Fc Inter” ricevuto nove anni prima e in gran parte già ammortizzato. Quindi la “polpa” dell’Inter finisce dentro una scatola (la IMC) data in pegno a garanzia del nuovo debito pari a 230 milioni. L’Inter detiene il 55,6% del capitale di IMC, mentre il 44,4% appartiene a Inter Brand.

In altre parole, senza i conferimenti infragruppo in IMC e circa 219 di plusvalenze contabili, l’Inter che ha chiuso il biennio 2014/15 con una perdita di appena 41 milioni, avrebbe dovuto fare i conti con un deficit totale di quasi 250 milioni di euro. Dulcis in fundo, in dieci anni, fra il 2005 e il 2015, il doppio conferimento del marchio (prima da Fc Inter a Inter Brand e poi da quest’ultima a IMC), ha prodotto plusvalenze contabili per oltre 290 milioni. Tutto lecito, sia chiaro, a meno che Covisoc o Uefa non vogliano vederci più chiaro. Ma quando si dice, per l’appunto, la forza del marchio.

Domenico Marfè

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Domenico Marfè

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