Categorie: Fatti

LA TERRA DEI FUOCHI DOPO IL CLAMORE MEDIATICO

A distanza di quasi due anni dal clamore che ha accompagnato l'esplosione della vicenda, quali obiettivi sono stati raggiunti?

Introdotto il reato di combustione di rifiuti.
Un traguardo questo che assume ancora più importanza alla luce di decenni dove i reati ambientali ed i reati a danno della salute pubblica sono stati considerati alla stregua di reati minori, con pene spesso irrisorie. Ad oggi il reato già esisteva, ma era più in forma contravvenzionale. Va detto inoltre che molti hanno obiettato che il reato non è correttamente definito poiché  non viene fatto esplicito riferimento alla problematica della filiera produttiva criminale che produce e alimenta gli sversamenti abusivi e i relativi roghi. Il 5 febbraio 2014 è stato convertito ufficialmente in legge il DL 136/2013. Qui le modificazioni apportate per la conversione in legge. Il documento, a carattere d’urgenza, contempla le disposizioni dirette a fronteggiare le emergenze ambientali ed industriali e a favorire lo sviluppo delle aree interessate. 9 articoli compongono la legge: tutela della salute, bonifiche, ripristino della legalità sono i tre punti focali. Il futuro della Campania, da mesi sotto i riflettori per la spinosa questione della “Terra dei Fuochi”, è l’indiscusso protagonista del documento, un futuro che parte da una visuale più strettamente agroalimentare per coinvolgere le persone nella loro interezza. Le sezioni di maggior rilievo riguardano:

– Pugno duro sulle bonifiche.
Entra in gioco il Fondo unico giustizia, la cui gestione è stata affidata ad Equitalia Giustizia. In esso confluiscono le somme di denaro e i proventi provenienti anche dai beni confiscati nell’ambito di procedimenti penali, amministrativi o per l’applicazione di misure di prevenzione. Nel caso specifico della Terra dei Fuochi, i patrimoni confiscati alla Mafia contribuiranno alle opere di risanamento ambientale. Inoltre, per scongiurare eventuali intromissioni delle cosche nei contratti pubblici, verrà effettuato un monitoraggio più rigoroso sugli appalti per le bonifiche.

Screening sanitari gratuiti per Campania e Puglia. 25 milioni di euro, a testa, saranno stanziati per il 2014 ed il 2015. Per la popolazione residente nei territori interessati da inquinamento causato da sversamenti illegali e smaltimenti abusivi di rifiuti sono previsti accertamenti sanitari, con il contributo dell’Istituto superiore della Sanità.

Forze dell’ordine a presidio del territorio. Per un anno le zone a rischio saranno piantonate da militari.

Bisogna affrettarsi per salvare il salvabile, laddove non è più possibile svolgere un’opera di prevenzione. I primi due articoli della Legge battono sulle azioni di monitoraggio nei territori della regione Campania. A tal proposito si è resa indispensabile un’indagine condotta dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (dossier ministeriale qui) allo scopo di individuare, sul territorio dei 57 comuni prioritari, i siti interessati da smaltimenti e sversamenti abusivi. Quattordici pagine che suscitano non poca perplessità perchè di certo non si può minimizzare l’ingente quantità di danni a carico delle persone e dell’ambiente, mettendo da parte le colpe di chi per decenni ha attentato alla nostra salute, alla nostra vita. Su un totale di 1.076 km quadrati dei terreni mappati, solo un’estensione pari al 2% è ritenuta sospetta!

Abbiamo voluto approfondire più di qualche aspetto con il Dott. Luigi Costanzo, Medico di Famiglia di Frattamaggiore ISDE Napoli – Coordinamento Comitati Fuochi.

Anche se dobbiamo risalire al lontano 2003 per il primo uso del termine “Terra dei Fuochi” (cfr Rapporto Ecomafia 2003 curato da Legambiente), è da due anni circa che è scoppiato il fenomeno mediatico. Ad oggi cosa è cambiato e cosa non è cambiato dopo il boom iniziale?

Il grido di allarme lanciato nel luglio del 2012, nel pieno dell’emergenza dei roghi tossici, da Padre Maurizio Patriciello, è stato fondamentale per scuotere le coscienze. Da quell’incontro avuto nella parrocchia a Caivano nel parco verde, donne e uomini di buona volontà, comitati, associazioni, si sono uniti nella comune battaglia costituendo il Coordinamento Comitati Fuochi (CCF); ad oggi esso comprende una cinquantina di associazioni che vanno dal giuglianese al casertano ed ha messo in campo tantissime iniziative importanti come la denuncia-querela, con 35.000 firme a supporto, contro le istituzioni regionali, provinciali e comunali (da cui è scaturito il rinvio a giudizio per molti amministratori) e il Denunce-Day per segnalare l’esistenza di discariche e altre forme di illegalità. Ci sono poi state, e ci sono, tantissime marce su tutto il territorio regionale (e non solo), convegni, dibattiti, incontri nelle scuole, consigli comunali monotematici. Il CCF è diventato in poco tempo un punto di riferimento del territorio e la grande partecipazione popolare ha reso il movimento un interlocutore credibile davanti alle istituzioni, tanto da essere convocato e ricevuto dalle istituzioni sia locali che nazionali. Cosa non è cambiato? I roghi continuano nonostante la legge e l’esercito. Si punta a reprimere il fenomeno punendo soprattutto gli esecutori materiali che quasi sempre sono persone che vivono nel degrado e che compiono, su commissione, azioni criminali per pochi euro, ma nella lotta a questa barbarie, un passo avanti lo si farà quando oltre agli esecutori si riusciranno a scovare anche i mandanti. E per fare questo non ci vuole l’esercito, ma una task force specializzata, un lavoro di intelligence come si fa per la malavita organizzata. E costerebbe anche di meno! Per ogni paio di scarpe o borsa o indumento che compriamo e/o viene prodotto in nero c’è una quota di scarto, di colle, vernici, che deve essere smaltita illegalmente e che costituisce buona parte dei rifiuti che vengono incendiati e che inquinano la nostra terra. Nella sola Campania, vengono prodotti circa 1.500-3.000 tonnellate al giorno di soli rifiuti industriali e tossici in regime di evasione fiscale e non abbiamo nemmeno una discarica attrezzata per accogliere questi rifiuti. È necessario cominciare a lavorare ad una sorta di “bollino verde” per gli imprenditori, le aziende, i commercianti, che rispettano in tutta la filiera del prodotto determinati criteri ambientali e di legalità: dall’approvvigionamento della materia prima, alla vendita del prodotto, allo scarto, al rispetto dei diritti dei lavoratori, all’emissione dello scontrino fiscale, ecc. Pensiamo ad un grande GAS (gruppo di acquisto solidale) in cui il consumatore sceglierà e premierà nei suoi acquisti solo chi rispetta questi criteri, in modo da isolare furbi e criminali.

In uno studio del Pascale su alcuni tipi di tumore (fegato, mammella, colon retto, polmone) le aree campane, Afragola in testa, presentano una “differenza statisticamente rilevante” rispetto alla media nazionale. Quanto potrebbe aiutare un registro tumori ufficiale? C’è al momento un progetto sostitutivo in tal senso?

Non sono uno scienziato, non ho pubblicazioni scientifiche e non vivo in un laboratorio o dietro ad un computer: in altre parole sono scientificamente non attendibile. Sono un semplice medico di famiglia che vive in trincea, che ogni giorno vede, incontra e tocca la sofferenza fisica, psicologica e sociale delle persone, e questo, credo (e spero), mi renda credibile almeno sulle evidenze. Chiedo pertanto scusa ai colleghi scienziati ed epidemiologi per le opinioni “non scientifiche” e le inesattezze che potrei esprimere. So bene che i dati che possiamo offrire non seguono i rigorosi criteri scientifici, potendo al massimo essere definiti “osservazionali”. In assenza però di dati ufficiali e nell’attesa di un Registro Tumori che ha i suoi costi e i suoi tempi (dai 3 ai 5 anni), noi medici di famiglia siamo in grado di avere la fotografia del territorio, estraendo dai nostri database tutte le notizie possibili che riguardano le patologie neoplastiche, respiratorie, allergiche, tiroidee, ecc. Dei nostri pazienti possiamo sapere sesso, età, la data di insorgenza del cancro, chi è in remissione, chi in trattamento, chi in follow up, il loro stile di vita, patologie concomitanti, il luogo dove abitano (e quindi “georeferenziare” la malattia), le medicine che assumono. Queste informazioni dovrebbero confluire in un centro di elaborazione epidemiologico “istituzionale” che potrebbe utilizzarli per pianificare le risorse e gli interventi riguardanti la prevenzione e la politica sanitaria (soprattutto in termini di costi attesi!), il tutto rapidamente e a costo zero. Questo è stato fatto recentemente a Casoria con il progetto EPI.CA dove i medici di famiglia e i pediatri del distretto, mettendosi in rete, hanno estrapolato i loro dati dimostrando che in cinque anni (dal 2008 al 2012) si è avuto, a fronte di una diminuzione della popolazione del 2,5% un aumento di incidenza tumorale in città pari al 13%. E con la geolocalizzazione si è visto che l’incremento maggiore si è avuto in aree dove c’erano discariche. Immaginate cosa si potrebbe fare se un progetto del genere fosse esteso in tutte le ASL della terra dei fuochi,  ma il “costo zero” evidentemente fa paura a chi specula e campa sui problemi della nostra terra e sulla salute della gente.

L’indagine ministeriale sulla Terra dei Fuochi evidenzia che “Allo stato dei risultati attuali e delle informazioni complessivamente disponibili non esistono elementi per definire a rischio il 98% dei terreni sottoposti a mappatura nei 57 comuni identificati nella Direttiva“. Sembra quasi che tutto sia sotto controllo e facilmente risolvibile. Cosa ne pensa?

Cosa direste se io iniziassi a somministrarvi una terapia, senza visitarvi, guardando solamente gli esami e le lastre effettuati anni prima? Beh, ho avuto questa amara sensazione riflettendo sul 2% delle aree inquinate presenti nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”, dato emerso elaborando e analizzando le “carte” in possesso delle diverse agenzie deputate al controllo del territorio. Lo sconcerto aumenta quando penso che questi dati erano chiusi nei cassetti da tantissimi anni. Non dimentichiamo che comunque il 2% sono 21,6 kmq, cioè 2150 ettari, cioè 2200 campi di calcio. Non mi sembra poco. E sotto terra? E nell’aria? Tuttavia mi sembra che anche gli organi governativi abbiano fatto un passo indietro su queste cifre, dichiarando che si è solo all’inizio. Staremo a vedere.

Elisabetta Besutti

Giornalista e educatrice, con una laurea in Scienze dell'educazione e della formazione ed un'alta concentrazione di passioni: per la scrittura, la poesia, la psicologia (con particolare attenzione ai comportamenti umani), le scienze, le new technologies ed in generale per tutto ciò che è comunicazione e creatività (o come mi piace definirla 'CreAttività'). Considero il confronto la condizione imprescindibile per poter crescere costruttivamente ed arricchire il bagaglio culturale ed emozionale. My FB profile: https://www.facebook.com/e.besutti

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