“Le Assaggiatrici”, l’ultimo film di Silvio Soldini, tratto dall’omonimo romanzo di Rosella Postorino – Premio Campiello 2018 – è il primo film storico dell’autore di “Pane e Tulipani, e racconta gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, giunta in terra germanica, attraverso la storia vera di un gruppo di donne.
Soldini ha girato il film in lingua tedesca, con un cast di bravi attori tedeschi, ambientandolo nell’attuale Polonia, la Prussia Orientale del tempo e dei fatti. E se la prima parte del film, composta e austera, mantiene un certo distacco dal narrato, gradualmente, nella seconda parte, la storia fa breccia nel cuore dello spettatore rivelando la complessità e le contraddizioni dei personaggi, nonché la profondità dello sguardo del regista.
Innamorarsi de “Le assaggiatrici”
E allora ci si innamora del film, opera di sensibile e potente denuncia della guerra, il cui orrore ci viene mostrato da un punto di vista insolito, le vittime della vicenda sono, infatti, sette donne tedesche, in buona salute tedesca, sette giovani mogli o vedove di altrettanti soldati tedeschi che combattono, o sono già morti, al fronte. Donne ariane reclutate con forza dalle SS, strappandole alle loro case senza preavviso e obbligandole ad assaggiare il cibo che sarà servito al Führer, a pranzo e a cena, durante i suoi soggiorni nel bunker conosciuto come “La tana del lupo”.
Dopo i due assaggi giornalieri le donne sono costrette a restare a tavola ancora un’ora, al fine di controllare gli effetti del cibo sui loro corpi. Il Führer non è lontano, e chiede questo sacrificio.
Col passare dei giorni l’assaggio diventa una routine, ma anche una preziosa occasione per sfamarsi in tempi di bombardamenti e di carestia, due tristi novità che instillano nelle donne il dubbio sulla vittoria finale.
Qualcuna assolve l’obbligo con convinzione, da buona tedesca e in nome di Hitler, altre imparano a conoscersi e a solidarizzare, ma quando una di esse, convinta di poter godere dei suoi diritti di libera cittadina, prova a rifiutarsi, viene obbligata a continuare il pasto sotto la minaccia di un fucile puntatole addosso.
Il cibo, anche il buon cibo preparato dallo chef di fiducia di Hitler e servito in candidi e innocenti piatti di porcellana, su una candida e perfetta tovaglia, diventa per le assaggiatrici simbolo di morte, cibo da vomitare, e non più sostentamento o piacere conviviale.
Quindi la logica spietata e assassina della guerra non colpisce il solo nemico? In nome della vittoria ogni cittadino può essere usato e ammazzato? Chi si salva?
Cui prodest, la guerra?
Rosa Sauer, la protagonista della storia, è interpretata da Elisa Schlott, Alma Hasun è Elfriede, l’amica generosa che Rosa cercherà di proteggere. Max Riemelt è l’ inflessibile ufficiale delle SS Ziegler, il nemico col quale Rosa intreccia, a sorpresa, una relazione passionale. L’avvenuta conoscenza del ruolo delle SS nell’organizzazione della guerra, condurrà Rosa a prendere le distanze dall’amante e dal nazismo per riaffermare la sua idea di giustizia e umanità fino al movimentato finale che, drammaticamente, ci ricorda il cinema di Rossellini.
Soldini conferma, con questo film, la sua abilità nel dirigere gli attori e la sensibilità con la quale sa raccontare le donne – ma non solo loro – con uno sguardo delicato e mai giudicante.
Il libro della Postorino è stato tradotto in più di 30 lingue, escluso il tedesco, e l’autrice ha pensato di scriverlo dopo aver conosciuto la storia delle assaggiatrici, raccontata, per la prima volta a distanza di decenni dai fatti, dall’unica sopravvissuta, Margot Wölk.
























