Francia, Belgio, Germania, Ungheria, Slovacchia, Austria, Danimarca. Le elezioni per il Parlamento europeo mettono in crisi i governi di almeno sette Paesi dell’Unione Europea.
Le crisi nei governi europei dopo le elezioni europee: la Francia al voto
Emmanuel Macron è stato il primo a riconoscere l’ascesa dell’estrema destra nel suo Paese, con il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella al 31,37%. Nel pomeriggio di domenica 9 giugno, Macron ha annunciato lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e le elezioni anticipate il 30 di questo mese, con il secondo turno previsto per il 7 luglio. Una scelta definita dalla sindaca parigina Anne Hidalgo come “inspiegabilmente” visto che sarà a sole tre settimane dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi. Anche il 5,47% dei voti ottenuti da La France Fière, coalizione che include Reconquête! di Marion Maréchal, ha contribuito all’avanzata dell’estrema destra. In vista delle legislative anticipate, Maréchal si incontrerà oggi con Le Pen e Bardella per discutere una possibile alleanza.
La débâcle belga
Il premier belga Alexander De Croo ha ammesso in lacrime la sconfitta dei suoi Liberali e Democratici Fiamminghi (Open Vld) e ha annunciato le dimissioni, assumendosi la responsabilità della sconfitta. Oggi Re Filippo ha accettato le dimissioni, ma De Croo rimarrà in carica ad interim fino alla formazione di un nuovo esecutivo.
L’iniziativa potrebbe passare al centrodestra: Bart De Wever, leader dei separatisti della Nuova Alleanza Fiamminga (N-Va), aveva escluso una coalizione con l’estrema destra del Vlaams Belang prima del voto e dovrà quindi trovare alleati altrove. Open Vld ha ottenuto il 5,9% alle elezioni federali (8,1% a livello regionale), in calo rispettivamente del 2,7% e del 5% rispetto alle elezioni precedenti.
L’N-Va si conferma come primo partito del Paese con il 16,7% delle preferenze (25,6% a livello locale), mentre Vlaams Belang si ferma al 14% (21,8% del voto fiammingo). Anche in Vallonia gli elettori si sono spostati a destra, con il Movimento Riformista Liberale Francofono (MR) che diventa il principale partito con il 10,3% dei voti, seguito dai centristi di Les Engagés. Si chiude così il monopolio del Partito Socialista che ha guidato la regione per decenni.
La Germania si interroga sul proprio futuro
In Germania, il cancelliere Olaf Scholz ha escluso la convocazione di elezioni anticipate. “La data naturale delle elezioni è l’autunno del prossimo anno e intendiamo mantenerla“, ha affermato il portavoce Steffen Hebestreit. I partiti della coalizione di governo hanno subito una sconfitta netta, con l’avanzata della Cdu/Csu, diventata il primo blocco con il 30% dei voti (29 seggi all’Europarlamento), e dell’estrema destra dell’AfD, che ha ottenuto il 15,9% dei voti (15 seggi).
L’Spd di Scholz ha ottenuto il 13,9% dei voti (14 seggi a Strasburgo), mentre i Verdi sono scesi all’11,9% (12 seggi), in netto calo rispetto al 20,5% del 2019. Il partner della coalizione Fdp ha ricevuto il 5,2% dei voti (5 seggi).
Tra Ungheria e Slovacchia
In Ungheria, le elezioni sono state una “Waterloo” per Fidesz e “l’inizio della fine” per il primo ministro Viktor Orban, secondo Peter Magyar, avvocato che ha portato il nuovo partito di centro Tisza al 30% dei voti. Fidesz rimane il primo partito con oltre il 44% dei voti, ma è il peggior risultato mai ottenuto dal partito nelle elezioni europee.
Il partito del premier slovacco Robert Fico ha perso contro il partito d’opposizione Slovacchia Progressista (PS) guidato da Michal Simecka. Fico ha ammesso la sconfitta sui social e ha congratulato PS per la vittoria. PS ha ottenuto il 27,81% dei voti, mentre lo Smer di Fico è arrivato secondo con il 24,76%.
Austria e Danimarca: equilibri politici compromessi?
In Austria, l’estrema destra dell’Fpoe mette in discussione gli equilibri politici in vista delle elezioni legislative di fine settembre. Herbert Kickl, leader del Fpoe, ha dichiarato che gli elettori hanno scritto una pagina di storia, indicando la conquista della cancelleria federale come una “nuova tappa”.
Anche in Danimarca, il risultato delle elezioni europee mette in discussione l’equilibrio politico interno. I Socialdemokratiet della premier Mette Frederiksen hanno ottenuto solo il 14% dei voti, contro il 27,54% di due anni fa. Gli altri partiti della coalizione, i Liberali e i Moderaterne, hanno ottenuto rispettivamente il 14,7% e il 5,9% dei voti. Il partito più votato è stato il Socialistisk Folkeparti (la sinistra verde) con il 17,4%.
La situazione nella penisola iberica
In Spagna, il Partito Popolare è arrivato primo con il 34,2% dei voti (22 seggi), superando i socialisti del premier Pedro Sanchez, che si sono fermati al 30,2% (20 seggi). Il partito dell’estrema destra Vox ha ottenuto il 9,6% dei voti (sei seggi). In Portogallo, i socialisti del PS sono il primo partito con il 32,1%, seguiti dall’Alleanza Democratica del premier conservatore Luis Montenegro con il 31,12%.
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