L'Italia che vogliamo è quella di Pertini, Calamandrei, e tutti i padri costituenti. Quella che nasce dalle celle nazifasciste e dalle montagne.
A cinquant’anni, o giù di lì, da questa che viene ricordata come la giornata della Liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista sembra quasi che la storia si sia ribaltata e quelli che ieri andavano fieri di quanto la storia ha scritto oggi si debbano – quasi – vergognare perchè si vuole ribaltare i termini della realtà che la storia e gli uomini ci hanno tramandato. Il revisionismo ha fagocitato qualsiasi barlume di ragione ancora minimamente stipato negli animi degli italiani riducendo tutti gli eventi trascorsi ad una marmellata storica dove – volutamente e in malafede – non è più possibile distinguere torto e ragione, buoni e cattivi, giusto e sbagliato. Con la scusa di ri-raccontare la storia dalla parte dei vinti che, sebbene possa affascinare dal punto di vista del mero racconto,  da ‘parastoria’ sovente diventa ‘fantastoria’ e si finisce per causare solo la morte della memoria storica. Anni e anni (gli ultimi venti soprattutto) in cui ci stato raccontato che bisognava ‘riappacificare gli animi’; che bisognava riconsiderare i poveri giovani che avevano seguito un ideale – i repubblichini di Salò –  e la barbarie delle ‘sommarie esecuzioni’ partigiane, dimenticando bellamente i venti anni precedenti e tutti i perseguitati (Gramsci e gli altri prigionieri politici prima confinati e poi ammazzati dalle carceri) i morti del regime fascista (Matteotti, il primo che viene in mente), quelli marciti nelle patrie galere o lasciati agli aguzzini nazisti o, ancora peggio, dimenticando Marzabotto, le
Ecco, oggi, a seguito di tutto questo bel processo di revanchismo storico, partendo da Pertini e Calamandrei ed transitando per Andreotti e Craxi siamo approdati a Berlusconi e Monti (sic! n.d.r)
Il 25 aprile ci liberammo dal tetro giogo nazifascista, da Mussolini e dai suoi accoliti ed approdammo con la resistenza – una vera e propria guerra civile, dopo la guerra di nazioni a cui eravamo stati costretti a partecipare nostro malgrado – all’Italia Repubblicana con la Costitutizione più moderna che Paese si sia mai dato.
Quell’Italia l’hanno distrutta i revanchismi storici e i padroni del malaffare politico della prima e della seconda Repubblica ( e quelli che sono transitati da una all’altra senza colpo ferire) che oggi, agitando lo spauracchio della crisi e dello spread, compiono tutte le nefandezze sociali più atroci seconde solo a quelle nazifasciste.
C’è bisogno, ora più che mai, di una nuova Liberazione. Una Liberazione dalla sottomissione al potere fradicio del mercato capitalistico che non considera più i cittadini uomini ma bestie da soma di cui caricare di tutti i pesi morti che quel sistema genera. Oggi c’è bisogno di cominciare a ragionare diversamente e cercare di capire che quello del mercato non è l’unica via possibile ma che esistono ancora gli uomini: i cittadini.
Gianni Tortoriello
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