Specchi & Doppi

L’Ucraina e la guerra: chi sono i cattivi e chi i buoni?

Dopo l'Europa che si schiera, la Cina e gli Stati Uniti poco credibili come mediatori chi resta per sperare in un'azione diplomatica? Solo il Papa

L’Ucraina e la guerra: chi sono i cattivi e chi i buoni? Questa domanda da bimbo delle elementari, in realtà, non è né banale né scontata e nemmeno pleonastica o retorica. E’ proprio il cuore del problema. Nonostante una narrazione che, giustamente, vede il popolo ucraino nella parte del buono di turno ed i russi incarnare quello dei cattivi perché attori dell’invasione in realtà è proprio così?

Sono queste le categorie mentali giuste con cui approcciare a questo conflitto? Alle sue motivazioni ed alle sue implicazioni geopolitiche internazionali? Ancora oggi nel 2022 possiamo ancora permetterci di avere una visione così semplificata della realtà o piuttosto dovremmo cercare d’interpolare i vari dati per tirare fuori una visione più complessiva della complessa realtà?

Quanto sta avvenendo in Ucraina è inumano. Eppure tutto è uguale a quanto è accaduto ed accade in tanti altri posti del mondo dove si tirano avanti conflitti da anni ed anni. La situazione del Donbass è lampante in questo ragionamento: una guerra locale che dopo sette anni di fuoco localizzato ora si è aperta in un conflitto su larga scala solo perché si è deciso di passare a quel livello successivo come in qualsiasi videogioco.

Ucraina, la guerra dei cattivi contro i buoni. Putin pazzo? Solo Stereotipi.

Vladimir Putin può essere definito in mille modi diversi ma tra questi quello che implica la pazzia non è annoverabile. La sua politica interna ed estera ha un’intrinseca logicità; si può essere d’accordo e meno con lui, sia chiaro, ma non è illogica. Le radici storiche delle sue ‘pretese’ sono lì alla mercede di chi le vuole cogliere. Nulla di più falso della sua nostalgia rispetto al periodo sovietico, il concetto che è alla base del suo muoversi politico è la “Rossija“, ossia il concetto della Grande Russia che fu proprio degli Zar.

La grandezza di una nazione sconfinata che abbraccia due continenti, la grandezza culturale e magari anche la pretesa di supremazia sulle altre culture confinanti. La necessità di considerare il territorio di questa nazione, ideale oltre che pratica, come un tutt’uno inscindibile.

Con cosa si confronta Putin? Con un occidente che ancora oggi è quasi esclusivamente Made in USA e che risponde a logiche del tutto imperscrutabili ed altre rispetto ad un’Europa sempre troppo permeabile ad esigenze esterne eterodirette. Le diplomazie che avrebbero dovuto fare il loro lavoro, non certo negli ultimi dieci giorni ma ben prima, ha presto ceduto il campo a ben altro che non le auspicate trattative per la pace.

L’Europa

Mai l’Europa è stata così unita, questo il must di queste ore che viene sbandierato a destra e sinistra da un po’ tutti i politici trasversalmente. Già, unita, ma in cosa? In una cosa assolutamente nuova ed epocale per l’Unione: schierarsi apertamente; addirittura agevolare l’invio di armi in Ucraina da distribuire – e ci sarebbe pure mancato non fosse così – alla resistenza.

Eppure l’Europa era proprio il soggetto che se avesse mantenuto la sua terzietà nel conflitto magari avrebbe potuto avere l’autorità per farsi mediatrice fra le parti ed allestire un tavolo diplomatico di trattative per fermare subito il conflitto. Invece l’Europa per la prima volta nella sua storia ha deciso unanimemente di schierarsi e non solo con l’irrogazione di sanzioni economiche ancora accettabili sul piano diplomatico ma schierarsi apertamente.

Chi si assumerà ora l’onere di condurre le trattative? Perché è indubbio che questa è l’unica strada da percorre perché l’altra porta dritta al terzo conflitto mondiale che, come ha sottolineato il potente ministro degli esteri russo, non potrà che avere carattere nucleare. Chi farà da intermediatore? La Cina? Ancora meno credibile degli USA e anch’essa parte in causa.

Dobbiamo rassegnarci ?

Dobbiamo rassegnarci dunque a vedere quello che già stiamo osservando? L’invasione da un lato e la fuga dall’altro? Vedere giravolte a 180° come quella dei Paesi di Visegrad che mentre fino ad un mese fa volevano erigere muri per difendersi dall’invasione dei migranti ora spalancano le frontiere – e meno male – ai profughi ucraini rimarcando ancora una volta se ce ne fosse stato bisogno la loro mentalità a geometria variabile rispetto a parametri che secondo loro distinguono uomini da altri uomini?

Dobbiamo rassegnarci a vedere proclamato uno Stato d’Emergenza in Italia con il consenso unanime, ora anche di quell’opposizione sovranista che fino all’altro ieri osannava Putin e ora lo rinnega? Stato d’Emergenza per cause militari che si aggiunge al già esistente Stato d’Emergenza per cause sanitarie? Quanti Stati di Emergenza possiamo prevedere? Che senso ha? Ce lo può spiegare meglio Draghi invece di continuare a propinarci il melenso spirito caritatevole che dobbiamo avere? L’articolo 11 della Costituzione ce lo ricordiamo ancora? Non è che che quello che non si fa entrare dalla porta (la guerra n.d.r) per rimanere formali e ligi alla legge poi, però, lo facciamo entrare dalla finestra?

Ecco, magari potessimo sapere ora chi sono i buoni e chi sono i cattivi davvero così da poterci capire qualcosa in più in queste dispute da stadio che diventano tutti i momenti di approfondimento giornalistico, se non propongono forzature del dolore da spettacolarizzare, come al solito.

Noi non abbiamo risposte abbiamo solo mille e mille domande e lo sgomento di fronte a tutta questa crudeltà. Una sola esortazione: cambiamo occhiali e guardiamo a questa nuova sciagura in maniera meno filtrata dagli stereotipi; la guerra di per se già è fatta di propaganda sulla pelle di chi la subisce potremmo cercare di vivere con più consapevolezza? Cosa ci rimane? Sperare nel Papa?

Gianni Tortoriello

Quattro decenni e più di vita dedicati al giornalismo, ma anche alla comunicazione tout-court, passando dalla carta stampata, alla televisione, al web. Una Laurea in Scienze Politiche alla Federico II, qualche anno d'insegnamento e qualche altro da formatore. Unica fede, il Napoli. Poche certezze, tanta passione e una consapevolezza: ciò che paga è solo l'impegno costante nel realizzare i propri progetti e, perché no, i sogni. Il villaggio globale di cristallo dell'informazione e della comunicazione è, purtroppo, divenuto il luogo dove conta solo 'spararla quanto più grossa possibile!' Il sensazionalismo e l'opinionismo hanno soppiantato la notizia. Io vorrei solo continuare a fare quello che mi hanno insegnato: raccontare i fatti.

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Gianni Tortoriello

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