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Mostem-Fare Città

Le azioni del progetto sono state rimodulate per rispondere a quelli che oggi sono i reali bisogni delle comunità che da un anno vivono in uno stato di isolamento relazionale.

Nasceva all’inizio del 2020 MOSTEM (tradotto dal Ceco “Ponte”) un progetto che si configura con uno studio di “una dimensione culturale per Viale Ottavio Mai (To)” prefiggendosi, come obiettivo primario, di sottolineare l’importanza dell’uso culturale per la creazione di una comunità attraverso un percorso partecipativo. Il quartiere delineato dalle zone tra Borgo Rossini, Università di Torino-Campus Einaudi e le case Popolari di Corso Farini è in continua evoluzione grazie ai percorsi di riqualificazione che costantemente investono questa particolare area.

È proprio in questo contesto che si è sviluppato il progetto Mostem che, approcciandosi al quartiere dalla primavera 2020, ha già visto l’affluenza e i primi risultati positivi. Il progetto dunque, non può fare altro che consolidare il lavoro che da anni si perpetua in quella zona, cercando di creare una nuova narrazione, un nuovo percorso e di dare una nuova vita al quartiere.

Le azioni del progetto, create e scritte per il bando Civica alla fine del 2019, quando il covid non era ancora entrato nella scena mondiale, sono state rimodulate per rispondere a quelli che oggi sono i reali bisogni delle comunità che da un anno vivono in uno stato di isolamento relazionale. 

“Riteniamo che oggi, per i progetti culturali e di rigenerazione urbana” dichiara Silvia Limone, project manager di Mostem – “sia imprescindibile il confrontarsi con una società ‘diversa’ da quella che si conosceva fino ad un’anno fa”.

L’EVOLUZIONE

Non tutti sono in grado di gestire lo stress psicologico, la paura e l’angoscia legate all’emergenza sanitaria: le capacità di adattamento, di “coping” e la resilienza, dipendono  da fattori individuali, di natura genetica, ambientale ed esperienziale.

Mostem oggi si rimodula con una strategia coerente rispetto ai cambiamenti sociali attraverso un “racconto” e andando ad incontrare direttamente le persone nei luoghi che rimangono baluardi e scenario del bisogno di relazione.

Non più i laboratori chiusi in luoghi chiusi ma presidi di arte partecipata in presenza:

per tre mesi il gruppo di artisti di Mostem, coordinati da Rosy Togaci, curatrice artistica del progetto, svilupperanno una vera e propria ricerca sul campo per interagire direttamente con gli abitanti. Una presenza continuativa e costante sui territori di Borgo Rossini, Università di Torino-Campus Einaudi e le case Popolari di Corso Farini.

La presenza degli artisti sul territorio è molto importante poichè, nonostante la pandemia, Mostem, con tutti i suoi collaboratori, ha continuato a mostrare la sua presenza sul territorio, anche fisicamente, per lanciare un forte segnale nonostante tutto: rispondere in maniera diretta al bisogno di comunità che oggi, proprio per questa situazione emergenziale, è diventato sempre più importante, un vero e proprio punto di riferimento.

Dopo i primi tre mesi di presidi, gli artisti di Mostem perpetueranno la loro presenza sul territorio fino alla fine del 2021 con delle ulteriori azioni, in quanto hanno già avuto un riscontro più che positivo, oltre le aspettative, di seguito alle prime uscite nel quartiere attraverso i presidi.

IL DONO

Ti dono un barattolo vuoto ritorna a trovarmi lasciando dentro un pezzetto di te.

Cosi inizia il racconto del “nuovo” Mostem che ha come protagoniste la casa e la città.Un’idea di “DISPENSA” del “DONO” che rimanda al senso di casa, di familiarità, di protezione. In questo lavoro, lamemoria e l’identità (cuore di Mostem) giocano un ruolo primario. Ad ogni cittadino incontrato verrà consegnata una scatola, contenente un piccolo gadget e una lettera di accompagnamento.  Verrà richiesto di riportare la scatola con all’interno un oggetto che rappresenti, oggi, la propria “storia” e la propria “identità”.

La scatola sarà trasparente poichè permetterà di vedere l’oggetto custodito, stimolando la curiosità e la scoperta.

Si invita a “donare”  un oggetto-simbolo, un frammento del proprio vissuto, un ricordo, un desiderio che rappresenta colui che la possiede e che mette a disposizione di una narrazione comunitaria.

La cura rappresenta un elemento essenziale della vita e nel prendersi curasi incontra sempre un altro. Questo implica la capacità di essergli accanto’ ” – dichiara ROSY TOGACI, Curatrice Artistica del Progetto.

Ma chi è l‘altro? In questo periodo di chiusura dove tutto è ovattato le emozioni ed i sentimenti rivestono un ruolo fondamentale nelle relazioni. Il rispetto, il riconoscimento e il dialogo sono requisiti indispensabili all’accoglienza, ma è l’ascolto, fra tutti, che ci consente di entrare in contatto con il mondo dell’altro”.

Ogni singolo oggetto verrà “narrato” attraverso i linguaggi degli artisti per confluire in una installazione finale in grado di essere testimonianza in-diretta delle storie di vita che si muovono in questo contesto.

Nelle prime uscite in Presidio, prima dell’ultimo lockdown pre pasquale, i risultati sono stati superiori alle aspettative del gruppo di lavoro dando conferma di quanto sia necessario oggi una presenza fisica nel quartiere e di quanto l’arte e la cultura siano strumenti  necessari alla ricostruzione.

LA RESTITUZIONE: INSTALLAZIONE FINALE

Verrà organizzato a fine settembre, in Viale Ottavio Mai, un weekend dedicato alla restituzione del percorso che colmerà in un evento finale dove verrà presentata un’installazione site-specific con gli oggetti-simbolo, che la comunità ha donato indietro agli artisti durante i presidi laboratoriali. Un percorso costruito partendo dai materiali raccolti in grado di portare alla luce le singole storie che compongono e rendono possibile una comunità. Questo riporterà, auspicabilmente, le comunità, disgregate ben prima della pandemia,  a vivere il quartiere in maniera differente, sentendolo proprio, vedendo un simbolo di se stessi nell’installazione che ricorderà il percorso seguito in più di un anno con il progetto MOSTEM.

Leonardo Olcesi

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