Il crollo della miniera di giada in Myanmar è l'ultima storia di sfruttamento del lavoro e di disastro ambientale al tempo stesso.
Nel Myanmar, in Birmania, 160 persone sono morte a causa del crollo di una miniera di Giada. In Congo 14 famiglie denunciano i colossi della tecnologia per le lesioni o la morte dei loro bambini nelle miniere di cobalto. Sono le storie dei nuovi schiavi, quelli che assicurano beni non primari al mondo ricco. Sono le storie, ambientate negli angoli più nascosti del mondo, del colonialismo contemporaneo che depreda paesi delle loro risorse per la soddisfazione del mondo ricco. E per queste storie nessuna mobilitazione di massa, nessuna furia iconoclasta.
La tragedia consumatasi in Birmania scatta una foto precisa del colonialismo moderno. Un Paese depredato delle sue ricchezze e mantenuto nella più totale povertà. Il Myanmar è il principale produttore di giada al mondo. La pietra semipreziosa è molto ricercata soprattutto in Cina. L’industria mineraria della Birmania ha un valore di circa 30 miliardi di dollari, ma va ad esclusivo vantaggio della dittatura militare che poco si cura della tutela ambientale e della sicurezza sul lavoro. Ed ecco che tragedie come quella di pochi giorni fa accadono puntualmente ogni anno.
Le miniere di cobalto in Congo, invece, rappresentano il lato oscuro della nostra società occidentale: tecnologica, che guarda al profitto ma strizzando l’occhio all’ambientalismo e al rispetto dei diritti umani. Una bella facciata che 14 genitori hanno fatto cadere denunciando i colossi della tecnologia come Google, Apple, Microsoft e Tesla. Il cobalto, componente principale di apparecchi come smartphone, tablet, viene estratto a mano, per lo più da bambini dai 3 ai 7 anni per 2 dollari al giorno. Anche qui attenzione alla sicurezza inesistente. In questo caso, però, qualcosa sta cambiando: la denuncia da parte di genitori che hanno avuto figli morti o mutilati in seguito al lavoro nelle miniere ha gettato una luce sulla questione e costretto grandi nomi a occuparsi della faccenda.
Il mese scorso abbiamo assistito a un evento tragico, anche questo non nuovo, che ha suscitato un’ondata di protesta internazionale: la morte di George Floyd. Partendo dalla componente razzista, la protesta ha riscoperto le radici del male nella politica colonialista dei secoli scorsi tanto che in molti Paesi sono state abbattute diverse statue che lo celebravano. Per questi nuovi schiavi cosa faremo?
Immagine di copertina foto di LuisValiente da Pixabay
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