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Pellegrino Artusi 1820 – 2020: ricette a fumetti di Alberto Rebori

Una mostra e un convegno di due giorni celebrano il bicentenario della nascita di Pellegrino Artusi, il padre indiscusso della cucina italiana

La cucina, nella sua veste artistica e creativa, è raccontata nella mostra “Pellegrino Artusi 1820 – 2020. Ricette a fumetti di Alberto Rebori” a cura di Andrea Tomasetig a Casa Artusi, Chiesa dei Servi a Forlimpopoli, sede dell’esposizione, dal 9 al 25 ottobre.
La rassegna, in collaborazione con Casa Artusi, si inserisce nel calendario delle celebrazioni dedicate al bicentenario della nascita di Pellegrino Artusi (Forlimpopoli 1820 – Firenze 1911) padre della moderna gastronomia italiana, e si apre con un convegno di due giorni.

Pellegrino Artusi: il re della cucina italiana

Accompagnato da aneddoti e riflessioni personali il ricettario La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Artusi è pubblicato per la prima volta dall’autore nel 1891 all’età di 71 anni e nasce come apporto alla formazione culturale della cucina italiana, un contributo aperto ai lettori, soprattutto alle lettrici dell’epoca, coronato da uno straordinario successo editoriale continuato nel tempo.
Con un approccio fedele al testo e insieme molto libero Alberto Rebori, eccellente illustratore e disegnatore di fumetti, realizza nel 2001 per l’editore Maurizio Corraini una serie di tavole a fumetti, pubblicate a corredo del celebre libro.

Delle centinaia di disegni realizzati a computer che illustrano il volume soltanto 38 tavole, le 35 a fumetti e 3 libere, sono divenute nel 2011 una tiratura speciale stampata su carta pregiata, in sole tre serie numerate e firmate, che raccontano con parole e immagini 20 ricette che il pubblico può ammirare in mostra. Accanto a questo originale corpus di opere sono esposte nelle teche alcune preziose edizioni de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene – una coeva di Artusi – le altre più recenti, tra cui la più completa edizione critica a cura di Alberto Capatti, massimo studioso della figura di Artusi, e quella del 2001 edita da Corraini.

Alberto Rebori con grande intelligenza e sensibilità ha saputo rapportarsi alle ricette originali, trascrivendo le frasi e le parole di Artusi in testa alle vignette e nelle nuvole presenti ogni tavola, dando loro una vita nuova, in sintonia con il suo mondo che ribalta con poeticità luoghi comuni e convenzioni del mondo culinario. Animali, verdure, cibi, stoviglie si animano di vita propria nella cucina dove Rosa e Vittorio – zii dell’illustratore, eterni protagonisti delle sue storie – eseguono le varie ricette. E così il pane protesta ad essere affettato in “Sandwichs, ricetta N. 114”, i piccioni si interrogano se la loro miglior morte sia in umido coi piselli in “Piccione coi piselli, ricetta N. 354” e la faccia di quel prete romagnolo, soprannominato Don Pomodoro perché “cacciava il naso da per tutto”, si trasfigura in ortaggio in “Salsa di pomodoro, ricetta N. 125”. Come scrive Alberto Capatti nel testo introduttivo, l’artista “traduce le ricette in animazione, distribuisce ruoli, scrive, per ognuna, il copione, le rivive dall’interno, con il cuore che batte, la bocca che ride e un disegno che stana i segreti gastronomici”.

L’allestimento della mostra, ideato dall’architetto Leo Guerra, fa parte di una collaborazione en amitié di lunga tradizione con il curatore, attorno all’immaginario del cibo e alla sua rappresentazione artistica. Il design si compone di un sistema espositivo modulare, componibile e autoportante capace di integrare: display, quinte espositive tessili, bacheche, luce, comunicazione visiva.

La mostra segna il debutto di un progetto pluriennale, concepito dal libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig, che si svolgerà in diverse città italiane ed europee, dedicato alla cultura enogastronomica e in particolare all’immagine del cibo italiano. La prossima tappa sarà, infatti, l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi.

All’inaugurazione segue il convegno “La ricetta liberata” della durata di due giorni venerdì 9 e sabato 10 ottobre che, attraverso autorevoli e sfaccettati interventi, ne evoca i molteplici linguaggi a partire dalla lezione di Pellegrino Artusi che della ricetta ha saputo fare un racconto di vita.  

Alberto Rebori nasce a Chiavari nel 1961. Dopo gli studi classici, frequenta l’ISIA di Urbino e si laurea in arte grafica nel 1984. Come illustratore e umorista, nel 1997 riceve il premio Città Forte dei Marmi e nel 2000 il premio Andersen per il libro per bambini Piccolo Re (Mondadori). Collabora con numerosi giornali, tra cui linusVanity Fair Italia, Esquire – Edizione italiana, Elle Italia e il Corriere della Sera. Lavora con Mondadori, Rizzoli, Corraini, Guanda, Pulcinoelefante e Nuages. Realizza i disegni dei personaggi e le scenografie del film Che animale sei? prodotto da RAI Fiction. La sua creatività artistica nell’illustrazione per giornali e libri lo porta a disegnare con uno stile personale e surreale, sempre riconoscibile. Viene a mancare prematuramente nel 2016.

Pellegrino Artusi, padre riconosciuto della moderna cucina italiana e grande divulgatore della lingua italiana, nasce a Forlimpopoli il 4 agosto 1820. Dopo gli studi comincia ad occuparsi degli affari paterni e quindi a viaggiare nelle varie regioni della penisola italiana. A circa trent’anni Artusi e la famiglia si trasferiscono a Firenze che dista poco più di 100 km da Forlimpopoli. Artusi gode di vita agiata e intorno ai 50 anni può cominciare a occuparsi a tempo pieno delle sue passioni, la cultura e la cucina. Muore a 91 anni il 30 marzo 1911 a Firenze.

Casa Artusi nasce nel suo paese natale come primo centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina italiana. Ricavata dalla ristrutturazione del complesso monumentale della Chiesa dei Servi, di straordinaria bellezza, occupa 2800 metri quadrati, ed è suddivisa in diversi spazi, tutti riconducibili alle differenti espressioni della cultura gastronomica. Al tempo stesso biblioteca, scuola di cucina, museo, ristorante, cantina, contenitore di eventi, bottega, Casa Artusi è il museo vivo della cucina domestica.

Gianfilippo Neri

Non è il caso di spendere tante parole per descrivermi, un solo aggettivo: passione. Per quello che faccio, per come lo faccio. La scrittura giornalistica è su tutto quello che più mi appassiona, appunto. Per il resto: Napoli, il Napoli un po' di buona cucina e ... non mettiamo limiti, ci conosceremo un po' per volta.

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