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Protezione internazionale e integrazione in Italia

La questione dell'abitare non rappresenta in Italia un punto cruciale della protezione internazionale e dell'integrazione

L’accesso al sistema abitativo è un pilastro fondamentale del processo di integrazione dei soggetti più vulnerabili, quali i beneficiari di protezione internazionale. Ma qual è la situazione abitativa della popolazione con un permesso di soggiorno per asilo o richiesta di asilo in Italia? Rispetto ad alcuni Paesi europei qual è la valutazione delle politiche e degli interventi specifici – se previsti – a favore dei beneficiari di protezione volti a facilitarne l’accesso al sistema abitativo? Questi sono alcuni dei principali temi analizzati nel report “Beneficiari di protezione internazionale e integrazione in Italia. Focus sull’accesso al sistema abitativo”, realizzato nell’ambito del progetto europeo “The National Integration Evaluation Mechanism (NIEM)”, di cui Fondazione ISMU è partner e referente per l’Italia, e cofinanziato dalla Commissione Europea attraverso il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione, da Open Society Foundation e dal Visegrad Fund.

Niem1 persegue l’obiettivo di promuovere l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale in Europa attraverso l’analisi delle normative e delle politiche nazionali e la valorizzazione di network tra stakeholder. Dal report emerge che, a fronte di una domanda crescente di alloggi da parte dei migranti più bisognosi, la risposta risulta ancora debole e non in grado di soddisfare tale richiesta.

La questione dell’abitare, e soprattutto dell’abitare dignitoso, non rappresenta oggi in Italia un tema centrale nelle politiche pubbliche dirette all’inclusione, generando un gap di rilievo nel processo verso l’autonomia di queste persone. Non si rileva dunque una linea di politica pubblica volta a creare strumenti ad hoc per i beneficiari di protezione. Piuttosto, ci troviamo di fronte a uno scenario in cui i beneficiari di protezione in uscita dal sistema di accoglienza possono usufruire delle politiche pubbliche per la casa in condizioni di parità rispetto agli altri soggetti bisognosi. La legislazione nazionale ha, infatti, posto la regola della parità di trattamento. Tuttavia è doveroso ricordare che, a livello regionale e locale, sono emerse in questi anni linee discriminatorie (spesso in forma indiretta) che comportano l’esclusione di coloro che sono presenti sul territorio da pochi anni, anche se tali discriminazioni sono state comunque censurate dalla Corte Costituzionale.

Al 1° gennaio 2020 ISMU stima che tra i beneficiari di protezione internazionale in Italia, il 43,3% viva in affitto e il 42,3% in strutture di accoglienza. Il report, partendo dai risultati d’indagine dell’Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la multietnicità (Orim) in Lombardia nel 2020 e da quelli di altre fonti (la metodologia utilizzata è riportata in calce), dà una stima indiretta dei profili abitativi dei migranti con permesso di soggiorno per asilo o richiesta di asilo per le cinque macroaree regionali d’Italia (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Isole). Dei 216.343 migranti titolari di permesso di soggiorno per asilo o richiesta di asilo, riconosciuti in Italia al 1° gennaio 2020 dal Ministero dell’Interno e dall’Istat, si stima che la maggior parte viva principalmente o in affitto (43,3%, pari a 93.621) o in strutture di accoglienza (il 42,3%, pari a 91.424). Il 12,4% (26.866) vive come ospite non pagante presso parenti, amici e conoscenti, mentre la stima di chi vive in occupazioni abusive o sistemazioni precarie (baracche, senza fissa dimora, homeless, ecc.) è dell’1,1% (pari a 2.421). Tra i soggiornanti per asilo o richiesta di asilo c’è in Italia, al 1° gennaio 2020, un rapporto di 1 migrante in situazioni di alloggio particolarmente critiche e non assistite (occupazioni abusive, sistemazioni precarie) per ogni 38 migranti accolti in strutture di accoglienza (la situazione peggiora al Centro Italia e al Sud, dove il rapporto è rispettivamente di 1 ogni 27, e di 1 ogni 34).

La condizione abitativa dei beneficiari di protezione internazionale nei Paesi partner del progetto NIEM. Nel report la condizione dei beneficiari di protezione nel nostro Paese viene confrontata con la situazione degli altri 14 Paesi partner, soprattutto per quanto concerne l’abitare.

Tra gli obiettivi del progetto NIEM, infatti, vi è la volontà di realizzare una comparazione tra i diversi stati partner del progetto (Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria), attraverso l’analisi delle normative e delle politiche nazionali in materia di inclusione dei beneficiari di protezione internazionale, realizzata con un sistema di punteggi (la scala va da un massimo di 100 punti per le politiche più favorevoli a un minimo di 0 punti per le politiche meno favorevoli).

Per quanto riguarda l’accesso al sistema abitativo, l’analisi comparata ha permesso innanzitutto di evidenziare come l’aspetto dell’autonomia abitativa rappresenti una sfida anche in altri contesti, nonostante si possa dire che, nella maggior parte dei 14 Paesi partner di progetto, i beneficiari di protezione internazionale trovano supporto dalle normative nazionali che regolamentano l’accesso all’alloggio. Dall’analisi del quadro giuridico, utile a promuovere l’autonomia abitativa, emerge che la maggior parte dei Paesi indica un’apertura rispetto alla possibilità da parte dei beneficiari di protezione internazionale di usufruire dei diritti connessi all’abitare. I Paesi più inclusivi dal punto di vista delle norme sono Svezia, Paesi Bassi, Francia e Repubblica Ceca. Per quanto riguarda la posizione dell’Italia, che si attesta da questo punto di vista in una situazione intermedia a livello europeo, essa è in parte dovuta all”introduzione, nel periodo considerato, dei due decreti sicurezza del 2018 e 2019 che hanno portato a una maggiore chiusura.

Infine il report prende in considerazione la collaborazione tra i diversi attori coinvolti nel processo di supporto all’autonomia abitativa. Fatta eccezione per la Francia, la maggior parte dei Paesi dimostra di essere ancora lontana dallo sviluppo di governance coordinate tra le diverse istituzioni a livello locale, regionale e nazionale e tra/con il privato sociale. Anche qui l’Italia si posiziona a metà graduatoria.

Il report completo di dati è disponibile qui

Leonardo Olcesi

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