Lo ha detto il professor Andrea Laghi, professore ordinario della Sapienza (Università di Roma) e membro del Consiglio Superiore di Sanità
(Adnkronos) – “C’è una intelligenza artificiale che io definisco invisibile, che è già presente e commercialmente disponibile e che, per esempio, in ambito radiologico consente di ridurre la dose di radiazione della Tac del 60% e i tempi di acquisizione della risonanza magnetica del 50%. Questa non è vista e non è percepita dall’utenza ma è reale ed esiste”. Lo ha detto il professor Andrea Laghi, professore ordinario della Sapienza (Università di Roma) e membro del Consiglio Superiore di Sanità, a Bari, a margine del convegno su ‘Un grande impegno per la salute’, organizzato dal Ministero della Salute, rispondendo a una domanda sulle applicazioni pratiche e attuali dell’intelligenza artificiale nelle strutture sanitarie.
“Esistono anche dei sistemi semplici di supporto al lavoro del medico, sempre in ambito radiologico – ha aggiunto – per esempio la identificazione delle fratture nelle radiografie del pronto soccorso. Poi ci sono le tematiche, un po’ più futuristiche, come per esempio l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per i modelli decisionali complessi per predire la risposta alla terapia. Quello è ancora un campo di ricerca che necessiterà di partnership internazionali, come già sono in corso, e di diversi anni prima di essere implementata nella pratica clinica routinaria”.
“Ci sono diversi ambiti della salute dove l’intelligenza è già presente – ha poi specificato Laghi – si va dall’ambito della diagnosi e cura dove ci sono dei sistemi di intelligenza artificiale che supportano i medici nella diagnosi alla gestione dei processi dove i sistemi di business analytics consentono di identificare dei percorsi ottimali fino alla formazione e ovviamente alla comunicazione con il paziente”. Rispondendo a una domanda sulle applicazioni pratiche e attuali dell’intelligenza artificiale nelle strutture sanitarie il professore ha aggiunto: “Quello della formazione è un tema estremamente importante, perché, sicuramente, non lo nego, esiste quello che si chiama ‘digital gap’ che riguarda gli operatori sanitari. Non è legato all’età ma è un problema culturale.
Su questo si sta facendo tanto con corsi di formazione post universitari. Si comincia a insegnare intelligenza artificiale anche nelle scuole di specializzazione e dei moduli almeno nella nostra Università in Sapienza sono partiti già quest’anno per gli studenti del corso di laurea in Medicina”. “E’ una formazione che parte dal basso e che arriverà poi in qualche anno a tutti gli operatori”, ha concluso.
—cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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